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In occasione delle festività natalizie, la Caritas di Cagliari ha organizzato il “tradizionale” pranzo di Natale per i più bisognosi. L’evento è stato ripreso anche dai canali Rai, che in un servizio televisivo ha mostrato il menu preparato dai volontari dell’ente confessionale della CEI (Conferenza episcopale italiana) che da anni si occupa di garantire un pasto anche a chi non se lo può permettere. Non tutti, però, hanno gradito l’evento, tra questi l’animalista Paola Re, che ha scritto una lettera rivolta proprio all’organizzazione ecclesiastica.

“Spettabile Caritas,

ho appreso dai mezzi di informazione l’opera di “solidarietà” che la Caritas ha realizzato a Cagliari il giorno di Natale: il “tradizionale” pranzo. Nel servizio televisivo Rai sono presentati i secondi piatti: gamberoni arrosto, spezzatino di agnello, maialetto arrosto, agnellino arrosto e viene fatto un elogio sentito del volontariato.

Ogni anno, in occasione delle festività natalizie, ci si adopera in queste opere di solidarietà gastronomica che propongono carrellate sanguinarie. Celebrare la nascita di qualcuno massacrando innumerevoli animali suscita qualche interrogativo che la Caritas non si pone e, purtroppo, la Caritas è in buona compagnia di altre associazioni “solidali”.

Gli animali non sono prodotti, ingredienti, macchine produttive ma esseri senzienti: questo è ciò che riporta l’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Purtroppo la legge schizofrenica che li proclama tali è la stessa che li manda al mattatoio, complice la Caritas.

Sul sito web della Caritas è dedicato spazio ai libri, pertanto mi permetto di consigliarne uno, soprattutto perché tratta di pace, principio molto caro alla Caritas al punto da essere inserito nell’articolo 1 del suo Statuto. Si tratta di “Cibo per la pace” di Will Tuttle, edizioni Sonda, 2014, di cui propongo un’interessante recensione e alcuni giudizi.

Grazie agli esempi di importanti pensatori, agli insegnamenti tratti da mitologia e religioni e agli sviluppi recenti della scienza, Will Tuttle offre, a persone di qualsiasi credo e convinzione, una serie di principi universali che possono far progredire la nostra coscienza.

Il cibo che produciamo e che mangiamo ha conseguenze sociali, psicologiche, spirituali che si ripercuotono su tutti gli aspetti della vita; è il legame più intimo e significativo con l’ordine naturale e con la nostra eredità culturale; è una chiave cruciale della nostra vita quotidiana.

Finché non riconosceremo i legami fra il cibo che mangiamo, le operazioni necessarie per portarlo sulle nostre tavole e i condizionamenti esercitati quando lo acquistiamo, lo serviamo e lo consumiamo, non saremo in grado di fare i collegamenti che ci permetteranno di vivere in armonia con il mondo.

Credo che la solidarietà non sia a senso unico, quindi bisogna iniziare a guardarsi intorno, magari aprendosi a una visione più ampia della vita animale.

Non mi aspetto che la Caritas si occupi della questione animale perché esistono associazioni competenti a farlo e non mi aspetto che i volontari e le volontarie siano vegan, ma il messaggio dovrebbe essere dato. Solidarietà è anche questo.

Se la Caritas opera per tutelare persone disagiate, disadattate, emarginate, tossicodipendenti, trasmette forza e determinazione, rivendica libertà e rispetto, mi chiedo come sia possibile che per la Caritas le scelte alimentari non abbiano ancora assunto il peso che dovrebbero avere proprio in funzione delle argomentazioni e dei principi che stanno alla base del suo Statuto.

Il cibo non è solo cibo. Il gusto personale non giustifica il diritto di disporre di animali come una risorsa a uso e consumo di Homo Sapiens che non deve arrogarsi il diritto esclusivo alla libertà. Non può esserci libertà dove esiste prevaricazione e scegliere come nutrirsi è la scelta più semplice che può diventare la più rivoluzionaria.

Se volete che i potenti si accorgano dei deboli, accorgetevi della lotta per la vita che gli animali fanno disperatamente tutti i giorni e ascoltate le loro urla dagli allevamenti, dai macelli, dalle zone di caccia, e le urla silenziose che provengono dalle acque in cui i pesci sono uccisi a quintali, non a numero.

La soluzione è una sola: abbandonare l’alimentazione a base di cibo di origine animale a favore di una dieta vegetale, rispettosa degli animali, dell’ambiente e della nostra salute psicofisica.

Solidarietà è anche non uccidere in nome del Quinto Comandamento tanto caro all’Associazione Cattolici Vegetariani che la Chiesa da prima pagina continua a ignorare.

Quanto sopra per invitare a una riflessione in occasione delle prossime festività natalizie per le quali sarebbe davvero importante dare un messaggio improntato alla solidarietà senza se e senza ma”.

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