La Sardegna non ha una rete delle cure palliative, così come prevista dalla legge nazionale 38 del 2010, che dava avvio ad un programma che prevedeva, tra l’altro, la realizzazione di hospice su tutto il territorio. Lo sottolinea, in una interrogazione all’assessore della Sanità, Mario Nieddu, la consigliera regionale del Gruppo Misto Carla Cuccu, che  lancia la proposta di inserimento del CTO di Iglesias nella stipula degli accreditamenti della rete di terapia del dolore e cure palliative pediatriche.

“In Sardegna – spiega Cuccu – il numero annuale di malati che necessitano di cure di fine vita è stato stimato nel 2019 in circa 8mila, dei quali 5mila affetti da patologie oncologiche. Nell’Isola ci risulta che ci siano attualmente tre hospice pubblici – a Cagliari (18 posti letto), Nuoro (8 posti letto), Oristano (8 posti letto) -,  due strutture private convenzionate a Quartu Sant’Elena (Nostra Signora di Fatima, 12 posti letto) e l’Hospice Monsignor Angioni (11 posti letto), un Nucleo Hospice a Tempio Pausania (8 posti letto), gli ambulatori della Terapia del dolore di Iglesias, il cui nosocomio CTO – aggiunge la consigliera – è rinomato per essere stato anche un importante centro di riferimento per la chirurgia pediatrica, la SSDD Terapia del dolore dell’ospedale Binaghi di Cagliari e l’ambulatorio collegato all’ospedale di Isili, l’Unità Operativa di Terapia del dolore dell’ospedale Businco di Cagliari, Centro di riferimento regionale (4 posti letto)”. Oltre al Nord Sardegna, quasi del tutto scoperto, manca anche un hospice pediatrico, anch’esso previsto dalla legge 38/2010.

“Due anni fa è stata approvata una delibera sulle Linee di indirizzo per il rafforzamento della Rete di cure palliative nella Regione Sardegna – ricostruisce ancora l’esponente del Gruppo Misto – che dava mandato all’assessore regionale della Sanità di istituire un coordinamento regionale della rete. Alla Giunta chiediamo di sapere cosa sia stato fatto per dare attuazione alla legge che attende applicazione da 10 anni. Si tratta di una battaglia di civiltà, non dobbiamo dimenticare ciò che sancisce l’Istituto Superiore di Sanità: lo scopo delle cure palliative non è quello di accelerare né di ritardare la morte, ma di preservare la migliore qualità della vita possibile fino alla fine”.

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