Diceva José Saramago che gli artisti lavorano nelle tenebre, e come ciechi soppesano la luce nell’oscurità. Mario Antonio Nardi, classe 1987, è un artista. E negli anni della pandemia ha lavorato al buio: ma sempre con lo sguardo rivolto alla luce.
L’abisso chiede, l’abisso reclama, l’abisso apre un varco. Trova una crepa, la sfonda, si fa musica. Nasce così un album pop indie elettronico, cantato completamente in italiano, dal titolo che è un manifesto paradigmatico: Motel Quarantena.
Un disco di dodici tracce, scritto, arrangiato e registrato in autonomia tra le mura domestiche, durante il lockdown. Uscito il 27 novembre per l’etichetta sarda Meigama di Luca Zoccheddu, il lavoro è un gioiello, disponibile su tutte le piattaforme digitali. Verrà suonato dal vivo domenica 12 dicembre alle ore 20, a Laconi, negli spazi di Sa Spillunca.
Motel quarantena raccoglie sensazioni e visioni di un tempo quotidiano forgiato da un lungo tempo interiore. Gli occhi che lo colgono sono quelli di un ragazzo (Nardi è originario di Santadi), che porta dentro le incertezze, la paura, l’ansia di futuro e la rabbia, ma anche un pizzico di apotropaica ironia. Nella versione live i brani prendono vita e si trasformano.
Sul palco, ad accompagnarlo, Nardi ha due donne dalla bellezza esistenziale e dall’infinita complessità, richiamo a un mondo estetico perfettamente compiuto: le Sorelle Illuminate, Silvia Cristofalo e Serena Pieroni, rispettivamente alla chitarra e alle percussioni. Due muse di Klimt. “Serena è la mia compagna” spiega Nardi “con Silvia Cristofalo invece l’affinità nasce da un’intuizione dell’inconscio. Cercavo una persona che suonasse con me, razionalmente ho analizzato diversi profili, e poi li ho esclusi tutti. Un giorno, in sogno, mi è arrivata l’illuminazione. E infatti, nonostante abbiamo un background differente, la nostra intesa musicale è stata spontanea, l’alchimia immediata”.
Nella sua opera il cantautore si fa vivisezionatore del cuore, che bussa alla porta delle cose in attesa che gli rivelino il loro più intimo significato. Questa ricerca, musicale e metalinguistica, determina le sue liriche, il cui risultato è una dimensione inesplorata. “Inizialmente il progetto, nelle mie intenzioni, era uno spettacolo solo musicale, senza voce. Una performance con proiezioni, immagini, suoni. Le parole sono arrivate dopo, come un flusso, che ho seguito senza indugi. Le immagini rimangono: anche a Laconi saremmo avvolti da immagini che ci verranno proiettate addosso. Mi piace l’imperfezione, come nei quadri di Klimt: la bellezza è una successione di piccoli errori”.
Polistrumentista, Nardi appartiene a quella nuova generazione di cantautori sardi che i tedeschi definirebbero “der suchende”: “uomini che cercano”, che non si accontentano della superficie delle cose. “Con Silvia e Serena proviamo ogni fine settimana. E’ un impegno che diventa una costante: un luogo che coltiviamo, lontano dal lavoro, e dove elaboriamo nuovi progetti. Il prossimo è già in cantiere: sono in piena scrittura. Sono partito da un colore, il blu, e dalla vicenda esistenziale di un giovane di provincia. Anche in questo lavoro ci saranno alcune costanti. Una sarà l’asse da stiro. Il punto d’appoggio temporaneo è diventato definitivo: una metafora della vita di un artista. L’asse da stiro come basamento stabile: il punto d’appoggio su cui si regge il mondo”.
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