Da sinistra a destra: Clive Ruggles, Mauro Zedda, Juan Antonio Belmonte e Michael Hoskin, nel 2001 presso il tempietto a megaron di Malchittu discutono gli studi di M. Hoskin sull’orientamento dei templi a megaron pubblicati nel 1993

Lo scorso 5 dicembre 2021, all’età di 91 anni, è mancato nel suo letto, pacificamente, colui che è ritenuto, con ogni probabilità, il massimo storico della scienza e dell’astronomia, e non solo del suo tempo: Michael Hoskin.

Nato a Londra nel 1930, Hoskin è stato docente di storia della scienza nelle università di Leicester e di Cambridge, docente emerito e direttore del Dipartimento di storia e filosofia della scienza dell’Università di Cambridge che egli contribuì a istituire. La sua ricerca è stata rivolta principalmente allo studio dell’astronomia antica e della storia dell’astronomia.

E’ stato editore delle riviste scientifiche da lui fondate «History of Science» (“Storia della Scienza”) e «Journal for the History of Astronomy» (“Giornale di storia dell’astronomia”), Presidente della Commissione di storia dell’astronomia dell’Unione Astronomica Internazionale e membro dell’Accademia Internazionale di Storia della Scienza.

Il palmares di riconoscimenti del plurititolato studioso è sconfinato, i suoi libri ad oggi sono tradotti in 54 lingue e nel 2001 l’Unione Astronomica Internazionale diede in suo onore il nome di Hoskin al pianeta minore 12223.

Michael Hoskin

Una perdita enorme per la storia della scienza mondiale, dunque, ma il nome di questo gigante della storia della Scienza è in qualche modo anche intimamente legato alla Sardegna, seppure ingiustamente poco o per nulla noto nell’Isola.

Vediamo perché.

Lo Studioso inglese si era interessato alle per la prima volta antichità preistoriche sarde nel 1982, a Roma, dove venne su invito del papa Giovanni Paolo II come organizzatore del convegno per i 400 anni della riforma Gregoriana del calendario.

Nel 1985 Hoskin aveva intrapreso lo studio dell’orientamento astronomico delle tombe di giganti sarde con l’astronomo Edoardo Proverbio, ma tra i due era sorto un inconciliabile dissenso sia nel modo di intendere le metodiche di misurazione sia nell’interpretazione dei dati[1].

Nel 1994, quando Hoskin aveva già pubblicato sul Journal for the History of the Astronomy l’orientamento dei cinque templi a megaron sardi allora scavati[2], venne raggiunto a Cambridge dal contadino isilese Mauro Zedda, pioniere dell’archeoastronomia in Sardegna, che propose alla sua attenzione lo studio sulla disposizione astronomica dei nuraghe nella valle di Brabaciera ad Isili appena messo in luce dal Zedda.

Nacque una lunga, fruttuosa collaborazione tra i due, il contadino autodidatta sardo e il plurititolato storico della scienza inglese, finalizzata a completare lo studio delle tombe di giganti e dei dolmen sardi. Fu una intensa campagna di rilievi, e fu l’inizio di un sodalizio che portò Hoskin tante volte in Sardegna.

Lo studio dei templi a megaron sardi da parte dell’astronomo inglese, in collaborazione con lo studioso isilese, proseguì per tutti gli anni ’90 del secolo scorso interessando in totale una quindicina di monumenti. Le frequenze di orientamento si accumulano nell’arco di orizzonte dove sorge il sole nel periodo autunno-inverno e nell’arco in cui sorgeva e culminava la magnifica costellazione della Croce del Sud negli ultimi secoli del II millennio a.C.

Tali orientamenti sono parsi in perfetta continuità con quelli degli ingressi dei nuraghe del Nord Sardegna, rilevati e pubblicati da Mauro Zedda e, come tutte le epifanie nuragiche, costituiscono motivo di forte suggestione in particolare nel caso del tempio di Arcui e Forros, in cui l’orientamento con l’alba del solstizio invernale è perfetto.

Nel 2002 Michael Hoskin e lo studioso spagnolo Juan Antonio Belmonte pubblicarono il libro in lingua spagnola “Reflejo del Cosmos, Atlas de Arqueoastronomia del Mediterraneo Antigu”, compendio delle ricerche archeoastronomiche sino ad allora effettuate in ambito Mediterraneo. Il libro menziona anche gli studi svolti in Sardegna, di cui riportiamo di seguito alcuni stralcinella mia traduzione:

Mauro (Zedda ndr) ha dimostrato che nel disegno o nella planimetria di alcuni nuraghi tra i più importanti si può nascondere anche un intendimento astronomico.In particolare, c’è un certo numero di nuraghi, tra i quali il nuraghe Santu Antine ed il Losa di Abbasanta costituiscono gli esempi più singolari, nei quali il nucleo centrale del monumento non è circolare o quadrangolare, ma triangolare con i vertici arrotondati (si chiamano proprio trilobati), una planimetria difficile da giustificare per motivi strutturali o strategici e che pertanto deve nascondere un significato speciale.

Il più probabile è che questa planimetria abbia a che vedere con la localizzazione nel territorio dei monumenti in modo che siano orientati adeguatamente, affinché due dei muri principali di questi nuraghi si allineino con le linee solstiziali, in maniera che, situandosi in uno degli angoli, sia possibile vedere il tramonto del sole nei solstizi estivo e invernale a seconda che si guardi al bordo del muro a destra o a sinistra. La ripetizione di questo motivo in monumenti situati ad alcune decine di chilometri di distanza fa dubitare che questo sia casuale e pertanto dobbiamo concludere che nel disegno di alcuni nuraghi si sia scelto un certo motivo costruttivo che ha molto a che vedere con l’astronomia

Gli studi di Hoskin sull’orientamento delle tombe preistoriche del Mediterraneo, pubblicati nel 2001 nel volume in lingua Inglese “Tombs, Temples and Their Orientations: A New Perspective on Mediterranean Prehistory“ (“Tombe, templi e loro orientamenti. Una nuova prospettiva nella preistoria mediterranea”) buona parte dei quali svolti in Sardegna, valsero ad Hoskinla medaglia d’oro al merito per le Belle arti per decreto del Re di Spagna nonché il premio ‘Menga medal’ dal Governo andaluso.

Un busto di Hoskin campeggia persino nel sito archeologico di  Antequera in Spagna, che raccoglie una serie di dolmen studiati e valorizzati proprio dal docente britannico, il cui contribuito ha fornito un valore aggiunto significativo al pur celebre sito.

A Michael Hoskin ho dedicato il mio libro “Il contadino che indicava la luna. Storia di un cambio di paradigma nella’archeologia sarda” (2019).

Mi piace ricordarlo con un aneddoto, rivelatore della sua semplicità e della sua umiltà.

Nel 2005, durante il suo ultimo viaggio in Sardegna in occasione del convegno della Società europea di Astronomia culturale tenutosi a Isili nel 2005, Michael Hoskin, mi domandò il significato dell’appellativo “Tziu” e “Tzia” che aveva sentito usare con tanta frequenza nei paesi Sardi. Gli spiegai trattarsi di un appellativo che incorporava deferenza e prossimità, qualcosa di simile, ma non proprio, all’Inglese “Sir”.

«Mi piace molto. Voglio essere chiamato “Tziu Michael”, non “Professore”», rispose senza un filo di ironia.

Paolo Littarru

(Ingegnere, studioso e cultore di archeoastronomia)

[1] Edoardo Proverbio ipotizzava infatti possibili target stellari nell’orientamento delle tombe di giganti, mentre per Michael Hoskin non sussistevano sufficienti elementi per ipotizzare target stellari nell‘interpretazione dei dati, senza cadere in logiche circolari.

[2] rilevando come l’orientamento di questi monumenti guardasse verso sud est, come i dolmen sardi, i corridoi dolmenici e la maggior parte delle tombe di giganti sarde, dallo lui stesso rilevate.