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Sono ben 240 i Comuni sprovvisti di progetti per la fibra ottica che dovranno essere cablati, al pari degli altri, entro il 2026: tempi e modalità del piano per la digitalizzazione, Agenda europea 2030 anticipata dal governo nazionale di quattro anni, preoccupano i sindacati di categoria Slc, Fistel e Uilcom che, insieme ai confederali Cgil, Cisl e Uil regionali, hanno inviato al presidente Solinas una richiesta di incontro per istituire un tavolo che coinvolga tutti i soggetti interessati con l’obiettivo di affrontare i temi dell’infrastrutturazione digitale e dei servizi connessi.

Sulla materia è necessaria una forte regia dello Stato – la digitalizzazione verrà infatti realizzata in gran parte con le risorse del Pnrr – e in questo contesto, la Regione può e deve fare la sua parte, portando a Roma le istanze legate alla specificità del territorio. “E’ evidente – scrivono i sindacati – che la nostra regione è poco appetibile per un certo tipo di investimenti, perché subisce il fenomeno dello spopolamento, soprattutto legato alla fuga dei giovani, ha un territorio vasto, diversificato e con gravi carenze strutturali, inoltre, si caratterizza per una cultura digitale ancora poco diffusa”. Per tutte queste ragioni, secondo Cgil Cisl e Uil “il modo e i tempi in cui si compirà la realizzazione della rete di nuova generazione saranno determinanti per lo sviluppo futuro e se non si creeranno buone condizioni, con le infrastrutture digitali e i servizi correlati, il rischio è autoescludersi dal mercato, perdendo non solo le professionalità oggi presenti nel settore ma tutte le opportunità dell’innovazione.

In particolare, Slc, Fistel e Uilcom auspicano il ritorno al progetto di Rete unica che, invece, sembra accantonata in favore del modello che il Governo si appresta a intraprendere con l’emissione di micro-bandi (regionali o persino territoriali) per la realizzazione di pezzi di rete costruiti da privati con fondi pubblici. Il rischio è realizzare reti disomogenee che magari non dialogano tra loro o che comunque hanno prestazioni e caratteristiche differenti, il contrario dello spirito di un piano che, fondato su risorse pubbliche, dovrebbe garantire uniformità e pari opportunità su tutto il territorio regionale.

Tante piccole reti insomma, non fanno una rete nazionale inclusiva e, soprattutto, fanno male allo sviluppo del settore delle Tlc nel suo complesso, ai lavoratori e ai cittadini che usufruiranno del servizio. A questa preoccupazione si lega quella sul destino di Tim: con un organico di 700 lavoratori diretti più un indotto di altri 300, rappresenta in Sardegna una realtà importante che, purtroppo, ha già subito negli anni un drastico ridimensionamento e ora attraversa una fase delicata in seguito all’opa del fondo speculativo Kkr. Il memorandum sulla Rete unica firmata da Tim con il precedente governo nazionale è ormai superato dal modello fondato sulle piccole reti, una scelta sbagliata che, secondo i sindacati sardi avrà riflessi pesanti in una regione debole come la Sardegna. Da qui la richiesta di incontro al presidente Solinas, occasione per fare il punto sullo stato attuale delle infrastrutture ma soprattutto per definire una strategia che sappia salvaguardare il futuro delle Tlc in Sardegna e garantisca una digitalizzazione capillare e pari opportunità per i cittadini e le imprese.

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