Il fenomeno è mondiale e viene chiamato Grande Rassegnazione (Great Resignation) o Grandi dimissioni (Big Quit): migliaia di lavoratori nel mondo stanno rassegnando le loro dimissioni volontarie nonostante aumenti, crisi economica, disoccupazione e caro vita. Un recente sondaggio della Microsoft, effettuato su oltre 30mila lavoratori globali, ha mostrato che il 41% di loro stava considerando di lasciare o cambiare professione.

Ma cosa sta succendendo? Tutti stanno impazzendo?

Gli esperti stanno studiando il fenomeno, ma probabilmente molto ha giocato la pandemia mondiale che ha cambiato le priorità personali ed ha accentuato la necessità degli esseri umani di puntare prima di tutto su una buona qualità della propria vita.

Questo fenomeno è stato riscontrato per la prima volta in Sardegna nell’ultimo rapporto Aspal che ha rilevato anche nell’isola un significativo e anomalo aumento delle cessazioni volontarie (diconsi dimissioni): un elemento di criticità del mercato del lavoro isolano che quest’anno ha contribuito a ridurre le attivazioni nette di contratti a tempo indeterminato.

In altre parole: quando si tratta di lavori precari i lavoratori sardi sono diventati più esigenti e meno disposti ad accettare qualsiasi condizione.

Il report stilato dall’Osservatorio sul mercato del lavoro dell’Aspal fotografa un’estate a due facce per il mercato del lavoro isolano. Nella prima parte della stagione arrivi e presenze turistiche hanno avuto un grande impatto sull’occupazione. La crescita ha raggiunto addirittura livelli simili all’estate 2019, quella prima del Covid. Turismo, servizi ricreativi e culturali, ristorazione solo per citarne alcuni, sono settori che hanno registrato dati molto incoraggianti.

Dall’analisi emerge che la fase espansiva si è però arrestata a metà settembre quando si è verificata una nuova flessione dell’occupazione che ha riportato le attivazioni nette (attivazioni meno cessazioni) su livelli simili a quelli registrati nel 2020, quando la campagna vaccinale non era ancora partita. Le categorie  colpite più duramente sono sempre le più fragili: donne, giovani, stranieri, titolari di contratti part-time.

A colpire nel Report è soprattutto la riduzione di attivazioni nette di contratti a tempo indeterminato. Un trend negativo cominciato in primavera e peggiorato nei mesi successivi, chiaro sintomo del prolungato clima di incertezza che si sta attraversando sin dall’inizio della pandemia.

Le imprese sarde non hanno ancora ripreso a compiere investimenti di medio e lungo periodo e a fare contratti a lungo termine. Inoltre, a peggiorare l’andamento di questo tipo di contratti, si è aggiunta a giugno scorso la fine del blocco dei licenziamenti che ha portato le aziende in difficoltà a mettere fine ad alcuni rapporti di lavoro. A corollario di questa situazione, come detto, c’è un significativo e anomalo aumento delle cessazioni volontarie dei rapporti di lavoro.

“Stiamo vivendo una situazione complessa e imprevedibile per la quale non esistono modelli previsionali con cui analizzare i fenomeni di lungo periodo” spiega la direttrice generale Maika Aversano. “Per questo l’Aspal sta cercando di fare un monitoraggio attento e puntuale sul mercato del lavoro,  per cogliere più rapidamente possibile segnali che possano consentire di pensare e programmare azioni mirate”.

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