Il segno grafico conosciuto come “schwa”, utilizzato dalla scrittrice Michela Murgia per scrivere un intero articolo su L’Espresso è stato bocciato dall’Accademia della Crusca.

Nel sito della massima istituzione che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica e filologia italiana, un lungo excursus spiega la motivazione del verdetto. Secondo gli accademici, per prima cosa il genere grammaticale va distinto dal genere naturale (biologico) del soggetto a cui ci si riferisce. Vi sono tanti esempi di nomi al genere femminile che si riferiscono a individui di sesso maschile e viceversa, che spesso vengono distinti grazie all’uso dell’articolo posto di fronte al sostantivo cui si lega.

La Crusca afferma che sia più opportuno utilizzare il maschile plurale come genere grammaticale non marcato (quello cioè che ingloba sia i nomi maschili sia quelli femminili) e non come prevaricazione del maschile inteso come sesso biologico. Secondo i linguisti, è inutile forzare la lingua in nome di un’ideologia, per quanto buona questa ci possa sembrare.

Poco importa se anche l’azienda tech Apple ha scelto di inserire lo “schwa” nella tastiera del suo ultimo modello iPhone13. Poco importa se sui social e nelle chat private il simbolo inclusivo è già realtà. L’Accademia ha risposto: studiare la grammatica italiana è l’unica via.

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