Oltre un terzo degli studenti sardi che iniziano le scuole Superiori non è sicuro di raggiungere il diploma, il 23% rivela di avere pensato almeno una volta di abbandonare gli studi, il 3,8% confessa di pensarci spesso. Il questionario – che prende in esame 1161 studenti, corrispondenti al 12,3% degli iscritti nelle scuole secondarie di secondo grado del comune di Sassari (più di uno studente su dieci) – è stato realizzato nella tesi di laurea da uno studente sassarese di 22 anni, Marco Saba.
Con la sua tesi di laurea il giovane studente, che aspira a diventare consulente per le politiche pubbliche, prova a colmare una grave lacuna e soprattutto invita a ragionare sul tema, per andare finalmente alle radici dell’annoso problema, vista la sostanziale assenza di materiale.
Dalla lettura dei dati – resi noti dal quotidiano La Nuova Sardegna – viene fuori qualche ragione del fatto che la Sardegna sia da molti anni in testa alle classifiche sulla dispersione scolastica, con percentuali superiori al 20% e un sempre maggiore numero di Neet (giovani che non studiano, non lavorano e non si formano).
Dal questionario arriva ad esempio la conferma che lo status culturale dei genitori influisce sulla scelta della scuola per i figli: solo il 6,3% dei figli di genitori con un livello istruzione alto hanno scelto un istituto tecnico o professionale, mentre nelle famiglie con un livello basso questa scelta ha riguardato il 44% degli studenti. Inoltre i figli di padri disoccupati o in cassa integrazione hanno dichiarato che lavoreranno dopo le Superiori, ma sono più propensi a lasciare gli studi prima del conseguimento del diploma, soprattutto in presenza di una o più bocciature.
Per un cambio di rotta – secondo il giovane studente – è necessaria una politica forte verso le famiglie e un’attività di orientamento mirato verso i ragazzi che scelgono la scuola superiore e la facoltà universitaria. “Bisogna aiutare i giovani a scoprire le loro competenze per individuare il percorso migliore a prescindere dai condizionamenti che possono arrivare dalla famiglia, dal grado di istruzione dei genitori, dal ceto di provenienza. In ogni caso è necessario parlarne, provare a studiarne le cause, fare dei ragionamenti: la scuola deve essere messa al centro delle strategie politico-economiche del nostro Paese”.
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