“Micidiali squadre di odiatori organizzati, vogliono silenziare il lavoro delle giornaliste, impegnate su fronti caldi come l’immigrazione, la criminalità organizzata, la politica, la giustizia: dobbiamo puntare sempre più a una informazione inclusiva, basata sulla par condicio di genere, perché la limitata partecipazione delle donne nella sfera dell’informazione viola i principi della democrazia come il pluralismo e la pari dignità e opportunità”. Lo ha detto la presidente del Corecom Sardegna Susi Ronchi, fondatrice di Giulia giornaliste Sardegna) intervenendo al convegno su “Regole e azioni per una pedagogia sociale” organizzato a Cagliari da Area Democratica per la Giustizia con la partnership di Giulia giornaliste.

“La Commissione europea lancia l’allarme 900 attacchi violenti contro i giornalisti nel 2020, e il 73 per cento delle giornaliste ha subito violenza on line – ha detto -. I monitoraggi continui sull’evoluzione dei fenomeni e sui discorsi d’odio ci fanno sapere che le principali vittime della violenza on line sono le donne che hanno un ruolo e che assumono parola pubblica: le giornaliste e le politiche”.

Da un recentissimo monitoraggio dell’ Agcom sui tg delle emittenti nazionali, nell’arco di tempo tra il 19 agosto e il 4, già in regime di par condicio per le prossime amministrative è emerso che il tempo di parola, cioè le interviste in voce riservato alle donne è stato dell’11 per cento, quello agli uomini dell’89 per cento.

“Siamo di fronte a un forte squilibrio di genere nella sfera dell’informazione che conferma come il flusso comunicativo è centrato prevalentemente su una visione maschile del mondo – ha detto Ronchi -. Un dato particolarmente significativo e preoccupante perché rilevato in regime di par condicio. L’invisibilità o quasi delle donne nei media come esperte, come punti di riferimento, è l’effetto di una cultura zeppa di discriminazioni, di stereotipi ,di intolleranza ma è essa stessa causa capace di alimentare questa cultura che ostinatamente non vuole riconoscere la parità”.

Un recente monitoraggio del Global Media Monitoring Project effettuato a fine settembre 2020 sui telegiornali di circa 145 paesi del mondo rivela che oggi le donne sono rappresentate nell’informazione in media al 23 per cento: a loro è destinato nemmeno un quarto dello spazio mediatico totale.

“Esiste un collegamento tra l’inadeguata presenza delle donne nell’informazione e la recrudescenza in Rete dei fenomeni d’odio nei loro confronti – ha spiegato Ronchi -: essere poco rappresentate nei media tradizionali significa non riconoscere le donne per quello che sono e che fanno realmente nella società con le loro capacità e le loro competenze, diventando ancora più bersagli privilegiati degli odiatori organizzati”.

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