“Ci aspettiamo un aumento dell’intensità dei disastri naturali di dieci volte nel giro di appena una decade”. In collegamento video da Washington, Sameh Wahba, direttore alla Banca mondiale dello Urban, Disaster Risk Management, Resilience and Land Global Practice, lo dice senza giri di parole. Lo ribadisce con forza il presidente del Consiglio Mario Draghi: la crisi climatica può diventare una catastrofe.
I disastri che ci aspettano
In un libro curioso che dodici anni fa salì in cima alle classifiche, Come sopravvivere alla fine del mondo come lo conosciamo: tattiche, tecniche e tecnologie per tempi incerti, si prospettava una situazione vagamente simile a quella che potremmo avere da noi già domani. E’ un manuale di sopravvivenza, nato negli Stati Uniti, nel quale tutto è descritto in maniera maniacale. Quale tipologia di casa cercare in un raggio di duecento chilometri dalla metropoli per trasformarla in rifugio in caso di collasso della civiltà, quali veicoli, strumenti e apparecchiature comprare, quali provviste iniziare ad accumulare, dove e come acquistarle per non dare dell’occhio.
How to Survive the End of the World as We Know It è considerato ancora oggi la Bibbia dei survivalisti. Da noi questa paura non è ancora arrivata. Ma il tema pone quesiti a cui prima o poi, volenti o nolenti, si dovrà dare risposta.
Con l’innalzamento dei mari le pianure scompariranno. Dunque addio alla Pianura Padana, ma anche al Campidano, dicono gli studi del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc), che descrivono l’Italia del futuro ai tempi della crisi ambientale se i gas serra continueranno ad aumentare.
“Alcune aree finiranno per assomigliarsi, come Lazio e Sardegna. La Pianura Padana avrà le stesse emergenze climatiche della Campania e sarà investita d’estate da ondate di caldo che colpiranno vegetazione, animali, persone. Al sud invece avremo temperature che regolarmente saliranno sopra i 40 gradi”.
I paradisi della Sardegna nel 2050. Gli studi suggeriscono l’altura, o direttamente la montagna, ad una o due ore di macchina massimo da una città, perché il meridione, isole comprese, potrebbe trasformarsi in una terra molto più arida di come è oggi e con estati ancora più torride. Fuga dalla città e dalle coste, dunque, soprattutto d’estate, con la crescita dell’afflusso di turisti verso le coste nei mesi in cui la temperatura dell’aria e dell’acqua non saranno troppo calde, quindi dai mesi caldi estivi verso i mesi primaverili e autunnali”, recita il rapporto del Cmcc. Sempre più turisti stranieri sceglieranno destinazioni meno afose delle nostre costiere, e resteranno a casa invece di fare le vacanze in luoghi ancora più caldi.
Crisi climatica e pandemia potrebbero rallentare un fenomeno come quello dell’urbanizzazione delle coste che sembrava inarrestabile. In generale, però, in tutto il Mediterraneo ci sarà da stare poco allegri. La pioggia in generale calerà quasi ovunque di circa il 25 per cento.
Le conseguenze sul piano economico si faranno sentire pesantemente. Acqua e fresco diventeranno beni di lusso. In alcune zone urbanizzare il costo delle case crollerà. Stando alle proiezioni del Cmcc, se non si pone un freno all’innalzamento della temperatura l’impatto sul settore agroalimentare e turistico nei prossimi tre decenni potrebbe essere devastante. Le culture dovranno essere spostate ad altitudini maggiori e ci sarà un calo quantitativo e qualitativo della produzione di alcuni prodotti come uva e olive. Nell’allevamento di bestiame, a causa del caldo, si assisterà in generale a una maggiore diffusione delle malattie e a una decrescita del rendimento. I bovini per l’ingrasso, per esempio, quando sono esposti a temperature superiori ai 30 gradi riducono il livello di ingestione con conseguenze negative sullo stato di salute. I suini sono ancora più vulnerabili, le galline hanno un calo dell’efficienza riproduttiva, mentre capre e pecore riducono la produzione di latte fino al 20 per cento.
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