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Riqualificare i borghi dell’entroterra sardo per rilanciare l’economia e dare ossigeno alle piccole imprese della Sardegna. È la proposta della Cna Sardegna che chiede alla Regione di adottare una strategia di sviluppo economico che punti sulla valorizzazione delle realtà locali, a partire dalla riqualificazione dei piccoli borghi, sull’innovazione, sulla qualità e sulla valorizzazione del marchio di origine. Una strategia che, dando una boccata d’ossigeno alle pmi sarde, consentirebbe di ristrutturare ben 17 mila edifici che hanno una forte necessità di manutenzione, contribuendo ad attivare un processo di sviluppo sostenibile del territorio.

“Piccole imprese e artigiani sardi, componente fondamentale del tessuto economico isolano dovranno essere necessariamente protagonisti della nuova politica economica e industriale che la Regione è chiamata a sviluppare in risposta al mutamento degli scenari economici e degli equilibri globali sconvolti dalla crisi sanitaria – spiegano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionali di CNA Sardegna -. Il governo regionale apra una riflessione e un confronto con le forze sociali sul tema della crescita e del rilancio dell’economia sarda post-pandemica e proceda celermente a superare l’inspiegabile ritardo nell’approvazione della manovra di assestamento del bilancio della regione”.

Nonostante dal 2010 ad oggi si siano perse in Sardegna oltre 7.330 attività artigiane (con una flessione del -17,6%), la nostra regione continua a detenere il primato nel Mezzogiorno in termini di importanza dell’artigianato sul tessuto imprenditoriale: nell’isola il settore incide intorno al 9% sul Prodotto interno lordo complessivo.

“Grazie ai prodotti di qualità e di nicchia, artigiani e piccole imprese saranno fondamentali per invertire le tendenze di degrado e spopolamento di una larga parte di territorio sardo, che, senza un’inversione di rotta, in pochi decenni rischia di scomparire completamente dalle mappe globali”, spiegano ancora Piras e Porcu. “In quest’ottica è fondamentale promuovere la crescita culturale all’interno delle imprese, favorendo lo sviluppo di una mentalità moderna, accompagnando il ricambio generazionale e sviluppando e incentivando nuove forme di aggregazione e filiera che seguano ed evolvano il modello distrettuale”.

Il modello imprenditoriale artigiano sardo, evidenziano Piras e Porcu, è ancora caratterizzato da fattori critici che ne frenano lo sviluppo: bassa considerazione della centralità delle strategie di mercato, scarsa propensione all’innovazione (tecnologica e di processo), diffidenza verso tutte le forme immateriali (servizi, consulenze, comunicazione da e verso il mercato), difficoltà ad accettare linguaggi e culture diverse (sharing economy, nuove forme di comunicazione, internazionalizzazione, etc.) e una bassa vocazione alle esportazioni.

“Risulta allora necessario intervenire sulla cultura d’impresa attraverso la formazione degli artigiani, valorizzando le esperienze e favorendo il processo di ricambio generazionale e di farlo in un piano strategico che ponga i territori al centro, alla ricerca di un modello di sviluppo economico più sostenibile in grado di rivitalizzare ampie porzioni di territorio in un’ottica di recupero edilizio, culturale e paesaggistico”.

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