Verrà proiettato il 15 settembre alle ore 21 negli spazi della Ex Manifattura Tabacchi a Cagliari il documentario Transumanze del regista Andrea Mura. Attraverso la voce dei protagonisti, la pellicola racconta l’emigrazione dei pastori sardi in Toscana, un’avventura lunga tre generazioni. Una comunità laboriosa che guarda al futuro ma che conserva ancora la sua antica identità. La visione sarà accompagnata da una presentazione del regista e da un’introduzione di Nevina Satta, direttrice della Fondazione Sardegna Film Commission, e di Antonello Zanza, direttore della Cineteca sarda.
Il film è girato da Andrea Mura con Nicola Contini, coautore del soggetto, ed è prodotto dallo stesso Mura in produzione associata con Ginko Film, con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna e il supporto della Fondazione Sardegna Film Commission, Società Umanitaria-Cineteca Sarda e Circolo dei sardi Peppino Mereu di Siena.
L’ingresso è gratuito con green pass.
Frutto di tre anni di lavoro il documentario fa luce su un fenomeno poco conosciuto e poco raccontato, in Sardegna come in Toscana e spesso, erroneamente, associato a fenomeni che con quell’impresa hanno avuto poco a che vedere, come i sequestri di persona.
“Transumanze” descrive la vita di sei famiglie provenienti da sei piccoli paesi sardi, Austis, Busachi, Galtellì, Illorai, Orune e Paulilatino, per metterne in luce la vicenda storica che percorre tre generazioni. A partire da quei primi coloni che imbarcarono mogli e figli, pecore e cani per lasciare l’Isola e arrivare in Toscana. Il risultato è una perfetta fusione, romantica ed evocativa, tra passato e presente.
Mura racconta il reale con capacità rara, immergendo la cronaca in una peculiare sensazione sospesa, da presagio biblico, e impiantando una nota di nostalgico romanticismo nel palcoscenico descrittivo della sua narrazione. “Chiamiamoli avventurieri: erano i più coraggiosi, i più audaci, come avviene anche oggi ai nuovi migranti” aggiunge il regista.
Transumanze è anche un film che parla di emancipazione femminile. “Non è un lavoro da donna” dicevano i padri, e invece oggi le figlie dimostrano di saper fare quanto gli uomini. Elisabetta viene da Orune. Parla molto bene anche il sardo. Il suo sogno è quello di tornare un giorno ad Orune, da cui partirono i genitori sessant’anni fa. “Si lavora insieme, uomini e donne. Si vive in campagna. La famiglia resta unita, la donna collabora attivamente alle attività delle aziende”.
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