La psicologa Jean Twenge della San Diego State University l’ha chiamata la “generazione iGen”: generazione IPhone. È formata da ragazzi soli, vulnerabili, a rischio depressione. Smartphone e social media ne hanno radicalmente cambiato ogni aspetto della vita, causando una delle peggiore crisi di salute mentale degli ultimi decenni, causando effetti significativi sulla mente e sul sonno dopo due ore al giorno trascorse sui dispositivi elettronici. Sarebbe importante quindi che i ragazzi non superassero questo confine di tempo.
Confrontando i dati comportamentali delle ultime generazioni con quelli precedenti si scopre che gli adolescenti di oggi sono più depressi, passano meno tempo con gli amici, sostanzialmente sono più soli e più vulnerabili e a maggior rischio suicidio.
E alla base di questo drammatico cambiamento, secondo lo studio americano, ci sarebbe proprio la diffusione di cellulare e dei social media tra i ragazzi nati dopo il 2000.
La ricerca è stata illustrata dall’autorevole rivista americana The Atlantic. Colpiscono alcuni elementi: l’arrivo dello smartphone ha radicalmente cambiato ogni aspetto della vita degli adolescenti, dalla natura delle loro interazioni sociali alla loro salute mentale. Questi cambiamenti hanno colpito i giovani in ogni angolo della nazione e in ogni tipo di famiglia. Le tendenze sono le stesse tra ragazzi poveri e ricchi, di ogni etnia, nelle città, nei sobborghi e nei piccoli paesi.
Gli adolescenti sono fisicamente più sicuri ma psicologicamente più a rischio: i tassi della depressione e di suicidio sono in aumento. I ragazzi, complici i lockdown durante la pandemia da Covid, sono meno propensi a rincorrere l’indipendenza, escono molto meno, passano più tempo a chattare tra loro sui telefonini che uscire per un primo appuntamento. Solo il 56 per cento dei ragazzi di oggi ha avuto un primo appuntamento, contro l’85 per cento delle generazioni precedenti.
Di conseguenza, e questo dato potrebbe essere letto come un trend positivo, c’è stato un calo anche nei rapporti sessuali soprattutto tra i ragazzi di prima superiore: una riduzione del 40 per cento rispetto al passato.
Un altro ritardo è nell’età in cui si prende la patente. Sia perché si ha meno voglia di uscire ed essere indipendenti, sia perché spesso mamma e papà fanno da autisti fin oltre i vent’anni.
Il numero di ragazzi che si vede con i propri amici è sceso di oltre il 40 per cento. E il declino è stato più ripido negli ultimi tempi.
Il parco, la piazzetta, il campo da calcio, il bar sono stati sostituiti da spazi virtuali. Ma più tempo davanti al cellulare, più probabilità di essere infelici. Un lavoro, il “Monitoring the Future survey”, del National Institute on Drug Abusecome, rivela che gli adolescenti che trascorrono più tempo rispetto alla media sulle attività dello schermo hanno più probabilità di essere infelici. I ragazzi di 13 e 14 anni che passano dieci o più ore alla settimana sui social media hanno il 56 per cento in più di probabilità di essere infelici rispetto a quelli che passano meno tempo. Certamente, dieci ore alla settimana è molto. Ma quelli che passano sei o nove ore alla settimana sui social media hanno il 47 per cento in più di probabilità di dire che sono infelici rispetto a quelli che utilizzano ancora meno i social media.
L’opposto si verifica con le interazioni personali. Chi passa più tempo con gli amici è più felice di chi ne passa meno. In definitiva, la scienza ammonisce: è importante insegnare ai ragazzi a usare il cellulare in modo responsabile e non più di due ore al giorno. Ma anche creare nuovi spazi, nuovi luoghi, sarebbe indispensabile. Forse, nella riforma scolastica, tra i progetti del PNRR, immaginare una nuova Summer School all’aperto, un luogo di ritrovo fisico per i ragazzi, non sarebbe poi così sbagliato. Un punto di riferimento spaziale per i giovani, un nuovo luogo di confronto e di ritrovo indispensabile la costruzione della socialità, della visione del mondo dei nostri ragazzi e della loro felicità.
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