C’è anche un sexy store del quartiere cagliaritano della Marina tra la quarantina di esercizi commerciali che in Sardegna non chiederanno il green pass ai loro clienti. Si tratta soprattutto di bar, ristoranti e pizzerie. Gelaterie, pub. Qualche b&b. Ma anche uno studio medico cagliaritano, due organizzatori di escursioni a Domus De Maria e Cala Gonone, due saloni di parrucchieri a Oristano e Sassari, un negozio di scarpe di Sorgono, un Compro Oro a Nuoro, un’autofficina sassarese, un vivaista di Valledoria.
In tutto sono circa un migliaio gli esercenti nopass che, in tutta Italia, hanno deciso di sfidare apertamente le sanzioni previste dal Decreto Draghi (da 400 a mille euro, non solo per i clienti, ma anche per i proprietari delle attività che non adempiono agli obblighi di legge). Si tratta per lo più di ristoranti e bar, ma anche cinema e palestre, centri medici e cantine per la degustazione.
Sono tutti identificabili e geocalizzati in una cartina su google maps consultabile nel gruppo Telegram Aperti e Liberi – Milano, uno dei tanti gruppi Telegram nati sulla scia del Movimento ufficiale dei nopass Io Apro. Nella mappa, continuamente aggiornata, gli utenti stanno segnalando senza sosta le attività e i locali che hanno scelto apertamente di non chiedere il green pass. Una sorta di trip advisor per locali nopass.
Nell’attivissimo gruppo Telegram, che conta quasi 4mila utenti, si possono trovare anche spezzoni delle innumerevoli manifestazioni no vax e nopass, consigli di giuristi che spiegano come esercitare la disobbedienza evitando le sanzioni e di medici che elencano le controindicazioni dei vaccini. Nonché inviti alla class action – che hanno portato a numerosi ricorsi contro la normativa – e esortazioni, più o meno velate, a boicottare degli esercizi che, viceversa, hanno deciso di rispettare la legge. Spesso, nelle chat, ricorre il termine “nazismo sanitario”. Così, disperso nella miriade di post, capita di imbattersi anche nel video del barista algherese che qualche tempo fa aveva appeso nel suo locale un cartello in cui si paragona il green pass alla stella di David con cui venivano identificati gli ebrei nei campi di sterminio (“A suo tempo il divieto di ingresso nei locali pubblici per gli ebrei fondava su convinzioni scientifiche sbagliate, li si riteneva un pericolo per la purezza della razza, ora siamo nuovamente di fronte a un’imposizione fondata su ragioni non scientificamente dimostrate”).
Un approccio, questo, da cui si è prontamente dissociato il leader del movimento Io Apro Umberto Carriera, sentito dal quotidiano online Open di Enrico Mentana che ha scovato la nopass map: “Non abbiamo mai boicottato i ristoratori favorevoli al Green Pass – ha spiegato Carriera – né abbiamo chiesto di lasciare della recensioni negative per i loro locali. Sarebbe una follia. Chiediamo solo di poter lavorare”.
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