Innanzitutto, la ringrazio per la proposta. Fa venire in mente il noto tormentone nato all’indomani della sua nomina allo scranno più importante del turismo sardo, l’ultima idea nata dalla fertile immaginazione dell’assessore regionale Gianni Chessa. Ovvero quella di incentivare i ristoratori sardi ad utilizzare gli abiti tradizionali per accogliere i turisti nelle proprie attività commerciali. L’dea è stata lanciata ieri dall’esponente della Giunta Solinas a margine della presentazione di una proposta di legge dei Riformatori sardi (prima firmataria Sara Canu) sottoscritta da consiglieri di quasi tutti i partiti di maggioranza e di opposizione, finalizzata ad istituire un registro dei piatti tipici tradizionali per salvaguardare il patrimonio enogastronomico della Sardegna.

Entro l’anno – ha annunciato l’assessore Chessa – sarà pronto il bando per finanziare l’utilizzo degli abiti tradizionali sardi, opportunamente rivisitati con tessuti più vestibili, nei ristoranti.

Il registro dei piatti tipici

La proposta di legge dei Riformatori va nella direzione della creazione di un brand Sardegna riconoscibile in tutto il mondo e prevede uno stanziamento di 1 milione di euro l’anno per il triennio 2021-2023 per sostenere azioni di marketing per i prodotti tipici tradizionali sardi e svolgere azioni di vigilanza e garanzia sulla qualità dei prodotti e piatti tipici tradizionali, dei produttori primari e delle catene di ristorazione aderenti al progetto.

L’assessore Gianni Chessa ha dato pieno appoggio all’iniziativa, sottolineando la necessità di rafforzare l’enogastronomia sarda come importante valore aggiunto per la crescita sociale ed economica della Sardegna. Secondo Chessa è però opportuno che tutti gli interventi legislativi di promozione dei prodotti tipici sardi vengano inseriti in un provvedimento organico che definisca regole certe e chiare. Evidentemente, tra queste regole ci sarà anche un rigoroso dress code. Anch’esso tipico.

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