In Italia, anche in questa seconda estate di pandemia, trovare una spiaggia libera è sempre più difficile. Oltre il 50% delle aree costiere sabbiose è sottratto alla libera e gratuita fruizione. A pesare su ciò, in prima battuta, è l’aumento esponenziale in tutte le Regioni delle concessioni balneari che nel 2021 arrivano a quota 12.166 (contro le 10.812 degli ultimi dati del Demanio relativi al 2018) registrando un incremento del
+12,5%. Tra le regioni record ci sono Liguria, Emilia-Romagna e Campania con quasi il 70% dei lidi occupati da stabilimenti balneari.
È quanto racconta e denuncia Legambiente con il suo nuovo Rapporto Spiagge 2021. La situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane” attraverso il quale scatta una fotografia aggiornata e dettagliata dei lidi italiani con dati e numeri alla mano, facendo il punto anche su nodi irrisolti, questioni ambientali da affrontare ed esperienze green che arrivano da stabilimenti e amministrazioni che hanno deciso di puntare sulla sostenibilità ambientale.
Tra gli esempi virtuosi, spicca la Sardegna, con Baunei e Posada. Spazio alle best practises per contrastare l’erosione costiera, in cui spicca anche la Sardegna con due siti. Nell’isola il Comune di Posada (NU) ha, nel corso degli ultimi anni facendo anche tesoro delle conseguenze traumatiche delle alluvioni, intrapreso una scelta di pianificazione e gestione delle trasformazioni del territorio, in particolare a Monte Orvile, che si è dimostrata all’avanguardia per la messa in sicurezza del territorio dalla speculazione edilizia e da fenomeni di dissesto idrogeologico.
Il Comune di Baunei (NU) ha organizzato un sistema di fruizione delle cale più affascinanti e più fragili – tra cui Cala Goloritzè e Cala Birìala- per la forte pressione turistica coniugando in maniera intelligente le esigenze di distanziamento sanitario con quelle di alleggerimento del carico antropico sui litorali; le infrastrutture leggere, la definizione del numero massimo di compresenze e il sistema dei controlli garantiscono la tutela dell’ambiente costiero e, insieme, un’esperienza sicura e di qualità su spiagge non affollati e salvaguardate.
“La situazione delle spiagge in concessione in Italia non ha paragoni con nessun Paese europeo. Un patrimonio ambientale e pubblico così straordinario – dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente – deve essere gestite nella massima trasparenza, tutelando il diritto a fruire delle spiagge. Oggi non è così, non esista una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione, per cui assistiamo a una corsa alle nuove concessioni e a situazioni dove non esistono più spiagge libere. Chiediamo alla politica e ai balneari di smetterla di parlare della Direttiva Bolkestein, lasciando la questione delle aste alla magistratura, e di affrontare assieme finalmente le questioni delicate che interessano le coste italiane, come l’erosione, il diritto alle spiagge libere e la qualità dei servizi, la tutela della costa. Da un Governo europeista e impegnato nella transizione ecologica come quello guidato da Mario Draghi – conclude Zanchini – ci aspettiamo che finalmente si affrontino questi temi e si punti ad un grande progetto di riqualificazione delle aree costiere, della loro accessibilità e fruizione turistica”.
Spiagge libere: Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Veneto si confermano le cinque regioni in cui non esiste nessuna norma che specifichi una percentuale minima di costa destinata alle spiagge libere o libere attrezzate. Altre regioni sono invece intervenute fissando percentuali massime, ma poche sono quelle intervenute con provvedimenti davvero incisivi e con controlli a tutela della libera fruizione. Tra i casi virtuosi la Puglia e la Sardegna che hanno stabilito il principio del diritto di accesso al mare per tutti fissando una percentuale di spiagge libere pari al 60%, superiore rispetto a quelle da poter dare in concessione (40%).
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