“Con sorrisi festanti e strette di mano, il primo maggio è stato accompagnato dalla tanto attesa apertura del punto di Primo intervento dell’Ospedale Delogu di Ghilarza. Un’apertura richiesta a gran voce dal Comitato per la difesa dell’Ospedale Delogu che da tempo si batte per la sua riapertura a pieno regime”. Inizia così il comunicato stampa del partito indipendentista sardo, Liberu, sulla riapertura del punto di Primo intervento dell’ospedale Delogu di Ghilarza (Or).
Secondo il partito, però, non è vero che “le richieste dei cittadini e delle cittadine siano state ascoltate, recepite e anche, se può stupire, esaudite”.
Infatti, spiegano nella nota, “lo scenario organizzativo del punto di Primo intervento dell’Ospedale Delogu di Ghilarza è come un progetto pilota, una sperimentazione innovativa in Sardegna. Una sperimentazione che costa parecchio alle casse pubbliche poiché, come da tempo denunciano i Sindacati dei medici, a parità di retribuzione tra un medico ‘in affitto’ e un medico alle dipendenze del SSN, vi è una discrepanza della metà delle ore lavorate. Un medico con contratto a tempo indeterminato che ricopre un posto di dirigente medico al pronto soccorso, guadagnerà per un monte ore di circa 1700, uno stipendio netto annuo di circa 35000 euro, mentre un medico ‘in affitto’ (anche senza specializzazione) guadagna circa 50000 euro per un monte ore pari a 900, ovvero la metà di quelle lavorate dal medico assunto dal SSN e pagate profumatamente”.
Quindi, “a fare da apripista è l’Ospedale Delogu, che da anni si vede ridimensionato nei reparti e nei servizi offerti e in cui, dal primo maggio, il punto di primo intervento viene gestito in forma privata da una società vicentina, la Medical Support Team, ma che potrà garantire i servizi di primo soccorso solo per i codici bianchi e verdi. Insomma, se il tuo malessere è più grave di un taglio superficiale devi recarti comunque all’Ospedale San Martino di Oristano, esattamente come prima”.
Un rapporto costi-benefici che non è per niente equilibrato, denuncia Liberu.
“In questa triste faccenda che riguarda la sanità, ma più precisamente la nostra pelle, si sta sferrando l’ultimo colpo di accetta per troncarla definitivamente e trasformarla in un affare puramente economico e privatizzato, dove il ticket, su base reddituale, sarà solo un amaro ricordo, sostituito da una carta assicurativa con cui potremo garantirci le cure. Ma solo se avremo i soldi per ricaricarla. Ribadiamo con forza la necessità di una sanità pubblica, gratuita, efficiente e accessibile a tutte a tutti”, conclude il comunicato.