Un Cagliari al cardiopalma, un Cagliari brutto che per 60 minuti regala il solito pessimo spettacolo ai tifosi. Poi entra Pereiro e cambia la partita e il Cagliari porta a casa i tre punti con il suo gol e il suo assist a Cerri. Meritatissimi, tre punti meritatissimi per i tifosi e per l’ambiente. Ma non cambia molto purtroppo. Dopo un pessimo primo tempo e l’”uno-due” che avrebbe messo ko un toro e una squadra inguardabile, sale in cattedra l’orgoglio del Ninja e di Pavoloso che nonostante l’altra sberla del 3 a 1 di Man riescono a tenere viva la speranza. Arriva il gol di Marin e i tifosi ricominciano a respirare, ma intanto in molti iniziano a comporre il 118. Gli infarti sono dietro l’angolo e i più anziani tremano. Il pericolo concreto per i reparti di cardiologia degli ospedali cagliaritani arriva al 91′ col quel sinistro di Gaston che fulmina Sepe. Ma non è finita. Il gigante buono sgomita in area, i parmensi si concentrano su JP10 e lui si libera per incornare la pennellata di Gaston Pereiro. E’ il 4-3. E’ finita con le urla di Cagliari e della Sardegna che riecheggiano fino agli spalti deserti del Sardegna Arena.
Ma in sostanza cos’è cambiato? Poco, dicevamo. E’ cambiato poco perché questa vittoria, si, ci voleva come l’aria per evitare di sprofondare nel baratro di una classifica che avrebbe cristallizzato la retrocessione in Serie B (com’era certa fino al 90°), e ora serve un’altra prestazione di carattere e di orgoglio a Udine per corroborare le speranze di restare nella massima serie. I limiti ci sono e sono evidenti, non possiamo nascondercelo, ma vogliamo e dobbiamo concedere un’altra chance a questi giocatori che ieri hanno mostrato quello che tutti chiedevano: gli attributi.
Del gioco poco importa a questo punto, conta la concretezza, e la concretezza sono i tre punti. Le battaglie non sono finite e mercoledì sera servirà una vittoria per poter mantenere accesa la fiammella della speranza di una salvezza che se meritano Cagliari, la Sardegna e gli emigrati che continuano a soffrire per i colori rossoblù.
Ma è inutile nascondersi dietro un dito. La città, la Sardegna e i tifosi sono disposti a soffrire, e lo stanno dimostrando, i giocatori hanno un debito di riconoscenza verso un popolo che li ha accolti, tutti, come dei Cesari. Tutti prendano esempio dall’umanità di JP10 a fine partita si è seduto sull’erbetta vicino all’ex compagno. Facciano finta che a fianco del fantasista brasiliano non ci si sia solo il giocatore del Parma ma l’intera Sardegna. Solo così la città resterà in Serie A e la Sardegna intera potrà dirsi orgogliosa dei suoi giocatori.