Come è accaduto a molti dei grandi innovatori, anche Astor Piazzolla ha pagato un caro prezzo al suo desiderio di cambiare la tradizione fino a essere definito “l’assassino del Tango” da chi non riusciva ad accettare un modo di intendere questo straordinario universo musicale che non fosse quello di Gardel.
Oggi, che si celebra il centenario della sua nascita ( 11 marzo 1921, Mar del Plata, Argentina), il genio del musicista di origine italiane, come italiane sono le radici del Tango, è universalmente celebrato, ma il suo percorso non tanto verso la gloria, perché l’apprezzamento sul piano internazionale non è mai mancato, ma verso quel riconoscimento in patria del suo valore come compositore tout court e di genio innovatore è stato lungo e accidentato.
Proprio in coincidenza con il centenario viene proposto un documentario di Daniel Rosenfeld che racconta da vicino un personaggio molto complesso, un virtuoso del bandoneon che, probabilmente influenzato dal fatto di aver vissuto fino a 16 anni a New York, ha trovato nel jazz un punto di riferimento per i suoi esperimenti che hanno generato capolavori indiscussi.
Chissà se alla base di questa situazione ci siano le sue radici, ma è certo che l’Italia è stata per Piazzolla una seconda patria anche sul piano musicale, il luogo ideale per mettere le fondamenta del Nuevo Tango, utilizzando strumenti elettrici, la batteria, cantanti come Mina, Milva, Iva Zanicchi.
Proprio in Italia, e con musicisti italiani, ha inciso uno dei titoli più famosi di una discografia sterminata, quel “Libertango” che non manca mai negli omaggi al maestro.
E sempre in Italia, e sempre con musicisti italiani, tra cui Bruno De Filippi e soprattutto il bassista Pino Presti e il batterista Tullio De Piscopo, che erano tra i preferiti di Piazzolla, ha registrato lo storico album con Gerry Mulligano, celebrando così la sua vocazione al matrimonio tra il jazz e il Tango.
Naturalmente oggi nessuno discute più il genio di Astor Piazzolla, non accade in Argentina dove ormai le sue composizioni, dalle opere per orchestra, a brani celeberrimi come “Ballada par un loco” o “Adios Nonino” (dedicata al padre) fanno parte della cultura del Paese.
Ma la dimostrazione più potente del suo genio viene dalla ricchissimo catalogo di omaggi resi da musicisti di ogni estrazione, come il grande virtuoso di violino Gidon Kremer, che nel suo “Hommage a Piazzolla” esegue una delle più belle versioni di “Oblivion”, uno dei capolavori di Astor Piazzolla, una sorta di saggio in musica sulla malinconia che racchiude lo spirito più autentico del Tango.