“Le associazioni onlus Banca sos alimentare e culturale e la Casa dei centenari, entrambe in prima linea da tempo sul fronte ambiente e salute, registrano l’ennesimo allarme riscontrato sui fumi di acciaieria radioattivi diretti alla Portovesme srl”. La denuncia arriva dal presidente della Banca sos alimentare e culturale, Francesco Giganti, che con una nota stampa accusa la fabbrica “rifiuti radioattivi” che “sono giunti in Sardegna a Portoscuso nella sede dell’azienda Portovesme srl”.
“I numeri sui casi dei tumori e le patologie legate alle radiazioni ionizzanti, come quelle legate alla tiroide, dai dati ricevuti su nostra richiesta dalla ATS non lasciano ben sperare” fa sapere Giganti. “Oltre all’attuale emergenza si sommano i più di 4mila casi di tumore e patologie connesse da un’industria che brucia rifiuti invece che galene o blende del territorio per estrarre zinco. Alle numerose manifestazioni e denunce, di recente con il cambio dell’amministratore delegato, ovvero con l’attuale dottor Garofalo si era cercato un dialogo, che faceva ben sperare in una sensibilità ambientale e una svolta green dell’azienda che ricordiamo è una semplice srl controllata dalla Glencore multinazionale azienda Svizzera”.
“In più di un incontro – prosegue la nota – si è cercato di salvaguardare i posti di lavoro, spingendo l’azienda ad assumere blende e galene del territorio piuttosto che i ben più remunerativi ma nocivi rifiuti industriali detti ‘fumi di acciaieria‘, chiedendo alla azienda di integrare un prodotto finito legandosi ad un polo dei metalli non ferrosi da utilizzare in campo bellico, in modo da avere un piano industriale credibile per i prossimi vent’anni almeno” accusa Giganti. “Purtroppo non solo la Portovesme srl vuole perseguire gli errori del passato esponendo a potenziali aereosol radioattivi tutto il comprensorio del Sulcis, colpito dal maestrale che spande in ogni dove polveri nocive, ma sta creando pure un blocco allo sviluppo della zona franca doganale, per un impedimento di fatto, poiché un suo capannone al Porto Turistico è ricompreso nella stessa area perimetrale della zona franca”.
“Invece di sfruttare l’occasione fiscale ed essere la prima ad aprire le possibilità ad una diversificazione derivante da vantaggi fiscali, tiene in ostaggio il territorio, bloccando lo sviluppo economico/turistico/imprenditoriale, continuando a bruciare rifiuti che spesso come stavolta risultano essere radioattivi” aggiunge Francesco Giganti, che conclude con un interrogativo: “Quale vantaggio per gli abitanti del Sulcis e soprattutto chi pagherà i danni in salute e ambientali di una semplice srl?”