Un albero di Natale donato dalla Gallura e il presepe dell’associazione BitArt sono stati installati in piazza Asproni, a Bitti. Ma nel borgo della Barbagia devastato dall’alluvione del 28 novembre, il clima non è festoso. In sottofondo si sentono ancora i rumori delle ruspe e dei mezzi pesanti che sistemano le strade mentre molte imprese e attività commerciali sono ancora chiuse. Si cerca di tornare alla normalità ma è difficile pensare di allestire i presepi. Nonostante l’appello del parroco don Tottoni Cossu che incoraggia i suoi concittadini a onorare la tradizione, la risposta corale ancora non c’è.
“Io il presepe quest’anno non l’ho fatto neanche a casa, per me è un Natale triste”, confessa un’anziana. “Anche volendo, come si può allestire un presepe in questa via ancora piena di fango e macerie?” dice Sebastiano, proprietario dell’edicola storica del paese, sommersa dal passaggio violento dell’acqua di due fiumi che in quel punto si sono incrociati. È anche la prima volta dopo un secolo che Bitti per Natale non avrà il pane fresco della panetteria del paese. “L’aveva fondata mia nonna all’inizio del secolo scorso, ora è inagibile – racconta Nello Cossellu, disoccupato dal 28 novembre – E’ stata allagata fino al soffitto e travolta da una frana scesa su via Brescia, per fortuna siamo riusciti a scappare in tempo”.
Tanta la solidarietà verso il paese colpito dall’alluvione e tantissime sono state le donazioni ricevute nelle ultime settimane. In via Brigata Sassari, l’artista Diego Asproni avanza a piccoli passi per andare a posizionare i quadri della sua mostra itinerante: un dono ai concittadini per comunicare attraverso l’arte il suo messaggio al paese ferito. “Ho aspettato due settimane per l’elaborazione del lutto, poi mi son detto che dovevo fare qualcosa – spiega – avevo realizzato delle opere che rappresentano delle grandi madri che abbracciano e proteggono i loro bambini. Un’immagine simbolo che adesso ho deciso di affiggere nelle pareti delle case e nelle vetrine dei negozi, a rappresentare noi stessi mentre teniamo in braccio e cantiamo la ninna nanna al nostro paese sofferente. A Bitti ci sono delle ferite che possiamo curare con le mani spalando fango e ripristinando ciò che si è rotto, poi ci sono le ferite dell’anima che non raccontiamo agli altri perché siamo un popolo dignitoso, ma abbiamo bisogno di curare anche quelle. Io questo ho voluto fare: mandare un messaggio di unione collettiva, di calore e vicinanza. Sono convinto che un giorno ci rialzeremo più forti di prima, ma intanto abbiamo bisogno di stringerci l’un l’altro”.