“È impossibile che due ragazze disabili non siano ancora riuscite a farsi una doccia, sono passate due settimane”.

Sono le parole di Luciana, mamma caregiver di Sestu di due figlie disabili di 34 e 40 anni, risultata positiva al coronavirus. Da giorni chiede alle istituzioni locali e al personale sanitario se possa far entrare in casa qualcuno che assista le figlie, anche loro in isolamento.

Cronistoria di un sistema che non funziona

Tutto comincia il 19 ottobre, quando Luciana entra in contatto con una persona in isolamento fiduciario senza però rispettare la quarantena, nonostante ancora non avesse avuto l’esito del tampone. “Appena l’ho saputo mi sono immediatamente isolata per non mettere in pericolo le mie figlie” spiega Luciana, che il 24 ottobre viene anche lei sottoposta a tampone.

“Il 26 ottobre scopro di essere positiva, e lì sono cominciati i guai”. Le figlie di Luciana fanno il tampone il 27, fortunatamente l’esito è negativo. Tuttavia, i rischi di essere state contagiate dalla madre nelle ultime ore sono tanti, quindi per questioni di sicurezza l’Ats decide di sottoporle a quarantena fino al prossimo 9 novembre.

Ma dopo il terzo giorno di quarantena Luciana si attacca al telefono, tempestando di chiamate i numeri del Servizio Igiene e Sanità pubblica. Il motivo è semplice: “Ho chiesto, visto che le mie due figlie sono disabili, se fosse possibile, con tutte le precauzioni possibili, far entrare qualcuno che le aiutasse nella loro igiene personale”. All’altro capo del telefono prendono un giorno di tempo per pensarci. Ma 24 ore dopo Luciana si sente dire di rivolgersi ai Servizi sociali.

Il giorno seguente Luciana ci riprova: “Sì” le dicono al telefono, “con le adeguate protezioni, guanti e mascherina Ffp2 si può fare”. Passano dieci minuti e arriva il dietrofront: “No, voglio consultarmi prima con un responsabile”. Finché, passato un altro giorno, Luciana si sente dire che “ci sono comunque rischi” e, di nuovo, invitata a rivolgersi ai Servizi sociali.

Risultato: dalla prima telefonata sono passati, a oggi 7 novembre, 11 giorni. 

“Istituzioni assenti, sia quelle locali che quelle regionali”

“Se prima riuscivo a sentire il personale sanitario almeno una volta al giorno per accertamenti sul mio stato di salute, dalla scorsa domenica nessuno si è fatto più sentire” spiega Luciana, che intanto è riuscita a fare un secondo tampone per lei, il suo compagno e le figlie il 4 novembre.

“Ancora non sappiamo nulla, il sistema è in tilt e i servizi sono assenti. È tutto campato per aria, non ci sono protocolli che tutelino noi fasce deboli” è lo sfogo di Luciana. “Davvero nessuno riesce a dare risposte certe e a garantire l’assistenza a due persone disabili come le mie figlie?”