Immagine di repertorio

Coprifuoco in tutta Italia dalle 21. Sarebbe l’ipotesi di compromesso tra la richiesta di una chiusura nazionale dalle 18 fatta da alcune Regioni e l’indicazioni del governo per restrizioni limitate alle aree in cui l’indice di contagio è più alto.  Chiuderanno i musei, dopo cinema e teatri. Nelle aree a maggior contagio, si pensa a bar e ristoranti chiusi anche a pranzo; Dad anche in seconda media e obbligo di mascherina per le lezioni in presenza di elementari e prima media. Per sciogliere i nodi, è possibile che slitti a martedì il nuovo Dpcm. Conte è impegnato oggi, 2 novembre, in comunicazioni alla Camera e al Senato,

Il premier, quindi, illustrerà al Parlamento l’orientamento che intende dare al nuovo Dpcm su cui il governo sta lavorando in questi giorni. Ma – a quanto si apprende da fonti della maggioranza – la firma vera e propria del testo potrebbe non arrivare lunedì sera ma martedì. Questo per consentire di risolvere i nodi che ancora sono aperti con le Regioni.

Diversificare le misure tra zone rosse e resto del Paese. E’ questa l’impostazione a cui sta lavorando il governo per mettere a punto il nuovo dpcm. Tra i punti su cui si sta discutendo in una serie di riunioni che con ogni probabilità andranno avanti per tutta la notte c’è anche quella di arrivare ad un compromesso sul coprifuoco: non più alle 18 nelle cosiddette ‘zone rosse’ ma l’idea, su cui si ragiona, è quella di estenderlo alle 21 per tutta Italia. Anche se il Cts, a quanto si apprende da fonti della maggioranza, non sarebbe d’accordo preferendo invece le 18 per tutto il Paese.

Conte sarebbe d’accordo con le Regioni sulla richiesta di misure più restrittive ma, in base a quanto si apprende da fonti della maggioranza, a differenza di quanto vogliono i governatori, sarebbe orientato a modularle in base alla diffusione territoriale del Covid, più che a varare provvedimenti di carattere nazionale. Fra le restrizioni sul tavolo della riunione in corso a palazzo Chigi tra il premier e le forze che sostengono il governo c’ è l’interruzione della mobilità interregionale, fatto salvo ragioni di lavoro, la chiusura dei centri commerciali nei weekend.

Bar e ristoranti chiusi anche a pranzo nelle regioni con tasso di contagi a rischio. Le zone critiche sono Lombardia, Piemonte e Calabria. Poi coprifuoco alle 18, con chiusura delle attività commerciali e per la cura alla persona, salvo farmacie, parafarmacie e alimentari. In base a quanto si apprende da fonti della maggioranza, sono alcune delle misure allo studio del governo. Sempre nelle aree a rischio, chiusi anche i musei e stop ai distributori automatici. Smart working nella Pubblica amministrazione, salvo i servizi pubblici essenziali.

Nelle aree più a rischio, individuate sulla base dell’indice dei contagi si starebbe pensando a estendere la didattica a distanza anche alla seconda e terza media, con obbligo di mascherina sempre per le lezioni in presenza, cioè alle elementari e in prima media. E’ quanto si apprende da fonti di maggioranza.

Il Dpcm annunciato “andrà nella direzione del principio di proporzionalità e ragionevolezza che ha guidato le scelte fino ad ora, facendo leva su qualche misura come la limitazione agli spostamenti interregionali se non per ragioni indifferibili, di salute o di lavoro”, ha affermato il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli e a Che tempo che fa su Rai Tre. “La scuola e l’eventuale attivazione di periodo di Dad non è un totem intangibile. In situazioni di alcune realtà territoriali in cui si vuole ottenere una flessione della curva, può essere una misura da considerare”, ha aggiunto Locatelli.

Proseguirà, intanto, in mattinata alle 9 il confronto tra governo e Regioni, Comuni e Province sulle misure del prossimo Dpcm-anti Covid. Le Regioni, in particolare, avrebbero chiesto misure uniformi per tutta Italia. “In queste 48 ore – avrebbe detto durante la riunione il ministro Speranza – costruiamo insieme il Dpcm su due orizzonti: misure nazionali e misure territoriali. Sul primo punto è vigente l’ultimo Dpcm, possiamo anche alzare l’asticella nazionale su alcuni punti condivisi e su alcuni territori alziamo i livelli di intervento”.

“La curva epidemiologica è ancora molto alta. Mi preoccupa il dato assoluto, che mostra una curva terrificante. O la pieghiamo, o andiamo in difficoltà”. Così il ministro della Salute Roberto Speranza in un colloquio con il Corriere della Sera. “Abbiamo 48 ore per provare a dare una stretta ulteriore”, evidenzia Speranza, secondo il quale c’è ancora troppa gente in giro. Il ministro poi rassicura sulla tenuta delle terapie intensive, e sulla scuola spiega che va difesa il più possibile, ma in un contesto di epidemia “non è intangibile”.

Il lockdown generalizzato non è sostenibile e non serve, in Veneto la maggior parte sono asintomatici e la sanità è assolutamente sotto controllo: lo avrebbe detto il governatore del Veneto, Luca Zaia, nel corso dell’incontro tra Regioni e Governo. Zaia si sarebbe detto favorevole a misure nazionali, “decidiamole insieme e chi ritiene può aggiungere misure territoriali restrittive. Dobbiamo fare squadra ed essere uniti tra noi e il governo”, ma avrebbe sottolineato che l’ RT non sempre è paragonabile tra Regioni perché il numero dei tamponi e del contact tracing sono diversi; vanno irrobustite le cure domiciliari.

“Il lockdown è l’unica misura che si è dimostrata efficace: se possiamo andare avanti con altre misure non determinanti, procediamo. Ma se i tecnici ci dicono che l’unica alternativa è il lockdown, facciamolo a livello nazionale”: è questa, secondo quanto si apprende, la posizione espressa dal governatore della Lombardia Attilio Fontana nel corso dell’incontro Regioni-Governo sul dpcm. Fontana ha ribadito che “è necessario che i provvedimenti vengano presi a livello nazionale” e quindi si è detto contrario a un lockdown territoriale, perchè “se fermiamo Milano, si ferma la Lombardia” e “il virus oggi è diffuso su tutto il territorio nazionale, non è come a marzo”.

Il ministro Boccia ha però chiarito anche perché le restrizioni scatterebbero in automatico: “Il documento dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e il sistema di monitoraggio che abbiamo condiviso con scienziati e Regioni ha una serie di ipotesi che devono scattare automaticamente. Se un Rt (indice di contagiosità, ndr) supera un certo livello .- oggi ci sono 11 Regioni oltre 1,5 e 2 regioni oltre 2 -, allora alcune misure già previste dal piano che abbiamo condiviso e aggiornato insieme devono scattare in automatico”. E sulla scuola “non si deve prendere una decisione univoca ma deve dipendere dal grado di Rt (indice di contagiosità, ndr) in ogni regione”, avrebbe detto il ministro degli Affari regionali.

Lo spostamento tra Regioni. “Il governo nazionale – avrebbe detto Boccia agli enti locali – è al vostro fianco per eventuali ulteriori restrizioni condivise a partire dalla mobilità regionale e possiamo decidere di adottare ulteriori misure, ma ogni presidente di regione può intervenire in base alle esigenze e criticità del proprio territorio”. “Le regioni che singolarmente chiudono alcune attività o riducono gli orari in base all’attuazione del piano condiviso sull’andamento epidemiologico devono sapere che saremo al loro fianco con ogni forma di sostegno”.

Una delle ipotesi prospettata dalle Regioni è quella di limitare gli spostamenti degli over 70 per cercare di ridurre la diffusione del coronavirus: in particolare lo avrebbero chiesto Lombardia, Piemonte e Liguria.

“Il Paese non può permettersi un nuovo lockdown”,  dice il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti il quale in una nota sui social suggerisce che bisogna intervenire sulla categoria più fragile, gli anziani definiti dal governatore “non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese”. Un tweet che ha fatto immediatamente scoppiare la bufera sui social.

“Se dopo le 18 abbiamo detto che si chiudono le attività non necessarie, allora dopo le 18 non bisogna più stare in giro o fare cene con non conviventi”, avrebbe detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano.

I sindaci, d’altro canto, avrebbero chiesto la chiusura dei centri commerciali nei weekend, “perché è in quei giorni che si concentra l’affluenza e chiusura degli sportelli scommesse nelle tabaccherie e nei bar perché è lì che si sposta il flusso di chi trova chiuse le sale scommesse”, ha detto il presidente dell’Anci, Antonio Decaro.

   I sindaci avrebbero chiesto che le chiusure siano pianificate in maniera chiara sulla base del rischio, così come era previsto nel documento del Comitato tecnico scientifico condiviso da Governo e Regioni. In questo modo – avrebbe spiegato il presidente dell’Anci Antonio Decaro – i cittadini sono coinvolti in un percorso trasparente e rispettano le restrizioni: indice Rt sale, scattano le limitazioni, indice Rt scende, si allentano.