Galoppano i problemi per i pazienti, soprattutto anziani, che hanno necessità di ricorrere al Pronto Soccorso dell’ospedale San Martino di Oristano. Questa che vi raccontiamo è la preziosa testimonianza di un medico, per comprendere la portata delle criticità della sanità del territorio. E’ quanto capitato questa notte ad un noto professionista di Oristano.
“Questa notte mi sono ritrovato dall’altra parte della barricata. Mio padre di 87 anni con un ‘addome acuto’ che poteva essere causato da una perforazione del colon è stato trasportato d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale San Martino”. A nulla è valso spiegare agli infermieri del triage che il carattere d’urgenza era stato valutato e che quanto meno fosse necessario potersi consultare con un chirurgo. “Niente da fare, mi è stato detto di portare mio padre a San Gavino”. L’accesso al Pronto soccorso è sbarrato.
Per tutti i pazienti che si recano al presidio con sintomatologia acuta il timore è quello di non avere il tempo clinico di spostarsi presso un altro pronto soccorso, con il rischio di vedersi nuovamente rifiutare l’accesso, vista la congestione della maggior parte degli ospedali sardi. “Fortunatamente nelle ore successive la sintomatologia di mio padre è rientrata, anche se il problema resta e dovrà essere affrontato con urgenza”, conclude il professionista.
Non sembra essere di facile soluzione la situazione che si è venuta a creare in questi giorni al pronto soccorso del San Martino, dove nonostante l’apertura del reparto Covid-19 che ospita 10 pazienti, non si è riusciti a garantire un hub sicuro per tutte le altre patologie a carattere d’urgenza, con i posti di emergenza interamente occupati dai pazienti Covid di cui otto ricoverati nei locali destinati all’osservazione breve e altri otto nella cosiddetta zona pulita del pronto soccorso dove opera un solo medico per turno.
In queste ore desta grande preoccupazione anche la situazione delle suore missionarie del Sacro Costato di Via Vittorio Veneto dove nei giorni scorsi si sono registrati 11 contagi e un decesso con covid. A preoccupare è soprattutto l’età avanzata delle religiose che in questo momento vengono seguite dall’USCA (Unità Speciali di Continuità assistenziale) e dai servizi sociali.