E’ sempre più a rischio il futuro occupazionale dei lavoratori della società di recapito Nexive, primo operatore privato in Italia con 1237 dipendenti diretti, di cui 85 in Sardegna, un indotto di 4800 lavoratori negli appalti e l’80% delle famiglie italiane raggiunte dal servizio recapiti. Cgil e Slc regionali giudicano “irricevibili le proposte avanzate dalla nuova proprietà, il Fondo Mutares” e annunciano fin da ora la proclamazione dello stato di agitazione e la conseguente mobilitazione. I dettagli verranno definiti nelle assemblee con i lavoratori nei prossimi giorni.
I responsabili del Fondo Mutares – specializzato in ristrutturazioni di aziende in difficoltà – si sono presentati al confronto con i sindacati senza alcuna idea di strategia industriale e senza un piano di rilancio. “Ci hanno messo davanti – spiegano il segretari regionali della Cgil Michele Carrus e della Slc Antonello Marongiu – a scelte incentrate sul taglio del costo del lavoro e sul netto peggioramento delle condizioni dei lavoratori”.
Ecco le proposte giudicate irricevibili: decurtazione dei salari dal 15 fino al 25 per cento in due anni, passaggio dei contratti dei portalettere da full-time a part-time, calcolo degli integrativi sulla base di obiettivi di consegna. “Una sorta di cottimo”, denuncia la Cgil sottolineando che “il Fondo Mutares tenta di scaricare i problemi strutturali sulle spalle dei lavoratori e procede attraverso cessioni di rami di attività a partner esterni con la logica del massimo ribasso”. Una strategia inadeguata e persino contraddittoria in una fase di forte espansione del mercato della logistica e delle consegne a domicilio, legate soprattutto all’e-commerce.
La Cgil sottolinea la situazione della Sardegna, dove Nexive ha già adottato in passato un modello organizzativo che ha ricadute pesanti sui carichi di lavoro in un territorio vasto e demograficamente debole, dove comunque va mantenuto efficiente al pari di altri posti un servizio di interesse pubblico sempre più rilevante nell’era dell’e-commerce.
Il rischio è che non solo si riducano ancora i livelli occupazionali e i diritti dei lavoratori, ma che ai cittadini sardi sia negato un diritto essenziale. Da qui l’appello alla Regione e alla politica più in generale “che non possono ritenersi estranee e, anzi, sono chiamate a esercitare un ruolo attivo nella regolamentazione pubblica degli appalti e di questa specifica attività di servizio, che va aggiornata: la società digitale non può significare solo lavoretti. Bisogna contrastare una spinta sempre più forte e pericolosa ad avvilire il lavoro delle persone comprimendone diritti e dignità, e per questo serve riconoscere la legittima loro rappresentanza e il diritto a contrattare le condizioni di lavoro”.