Anche se non in via sempre ufficiale, la politica sarda sostiene le ragioni del no al taglio dei parlamentari. Al netto della posizione del Movimento Cinquestelle – con i consiglieri regionali schierati per il sì, ma con i deputati Mara Lapia e Andrea Vallascas pronti a votare no – gli altri partiti pensano che il referendum costituzionale del 20 e 21 settembre sia “uno spot contro la democrazia parlamentare”.
Conta, ovviamente, il ‘danno’ che subirebbe la Sardegna in caso di affermazione del sì: una riduzione del 35% dei membri eletti, coi senatori che dagli attuali 9 diventerebbero 4, mentre i deputati passerebbero da 17 a 11 o 12. Un dato che spingerà gran parte del Pd sardo a mettere la croce sul no, nonostante l’indicazione del segretario nazionale Zingaretti sia opposta. “Non serve una non riforma di questo tipo – spiega il capogruppo in Consiglio regionale Gianfranco Ganau – le riforme istituzionali devono essere complessive e omogenee, e nel caso sardo si porrebbe un serio problema di rappresentatività”.
Sempre nel Pd, il consigliere Roberto Deriu è stato il politico nell’Isola più attivo nella campagna referendaria per promuovere il no: “Non ha nessun senso diminuire il numero dei parlamentari, quando è stato stabilito dai padri costituenti la popolazione dell’Italia era di 40 milioni, ora siamo cresciuti di un terzo”. L’unica dem ad aver dichiarato che voterà sì è la deputata Romina Mura.
Convinti per il no anche Liberi e Uguali e Progressisti. “Dobbiamo garantire la rappresentanza dei sardi, per evitare ciò che accade nell’Europarlamento dove in pratica non siamo rappresentati”, osserva il consigliere regionale Eugenio Lai. Secondo l’ex sindaco di Cagliari Massimo Zedda (Progressisti), “il vero problema è la qualità di chi svolge funzioni politiche e una legge elettorale che ripristini la possibilità di scegliere da chi si è rappresentati”. Per questi motivi domenica voterà no.
Nel centrodestra stupisce la posizione contraria della Lega, considerato che il leader Matteo Salvini è schierato per il sì. “Tra i consiglieri regionali prevale la linea del no – conferma il capogruppo Dario Giagoni – non è tagliando la rappresentanza che si garantisce efficienza decisionale”.
In FdI – dove la presidente Giorgia Meloni è per il sì – il capogruppo Francesco Mura conferma che “all’interno del gruppo sardo ci sarà libertà di scelta”. Stesso discorso vale per i Riformatori. Gran parte dei sardisti è per il no, compreso il candidato alle suppletive del Senato Carlo Doria. “La stragrande maggioranza di Forza Italia è contraria a questa riforma farlocca”, conferma poi il deputato Pietro Pittalis. Infine c’è il mondo indipendentista diviso tra chi promuove il non voto perché andando alle urne “significherebbe ratificare la Costituzione dello Stato invasore”, e chi, come Claudia Zuncheddu (Sardigna libera) promuove il no perché “la riduzione di 345 membri segnerebbe il passaggio da un sistema democratico a uno oligarchico”.