Mancano poco più di 3 mesi dall’uscita effettiva e definitiva della Gran Bretagna dall’Unione Europea e le imprese che commercializzano i propri prodotti sul territorio inglese, anche quelle sarde, non hanno certezze sul futuro mercato d’Oltremanica. Soprattutto in considerazione di una, per ora solo ventilata, mancata intesa tra Londra e Bruxelles che porrebbe in seria difficoltà le realtà imprenditoriali europee che rischierebbero di non poter più accedere, se non con grande difficoltà, a un mercato importante come quello britannico.
“Dopo tanti dibattiti e attese, la Brexit, in ogni caso, sarà realtà dal prossimo primo gennaio – commentano Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, e Daniele Serra, Segretario – e quindi, dal 2021 cambieranno molte cose per chi esporta o opera in questa nazione”.
Già da ora gli interrogativi delle imprese sono molti: cosa cambierà per chi vende prodotti nel Regno Unito? Come si dovranno comportare gli artigiani dell’area Casa per effettuare opere sul posto? Ci saranno delle complicazioni o verranno introdotte delle facilitazioni? “Il rapporto commerciale tra Regno Unito e Italia, e quindi anche con la nostra Sardegna – continuano Matzutzi e Serra – è stato sempre molto attivo, soprattutto per la qualità dei prodotti Made in Italy”.
“Dall’agroalimentare alla moda, dai prodotti in legno e metallo fino all’arredamento o ai prodotti del “sistema casa”, come per esempio piastrelle e rubinetteria – rimarcano Presidente e Segretario – solo per la Sardegna, questo tesoretto di scambio commerciale vale circa 90 milioni di euro. Questa cifra, fra qualche mese, sarà fortemente a rischio e siamo molto preoccupati”. Secondo Confartigianato Sardegna, se l’uscita dell’Inghilterra dall’UE avvenisse senza accordo, il “no deal”, il problema più importante che anche le aziende sarde dovrebbero immediatamente affrontare, sarebbe quello relativo a ciò che, attualmente, dal punto di vista tecnico, non può essere definito “esportazione” ma che potrebbe diventare improvvisamente, con la conseguente introduzione della normativa doganale europea”.
“Si tratta, pertanto, di una svolta importante, in considerazione del numero di settori coinvolti e dei tempi ristrettissimi di applicazione – puntualizzano Matzutzi e Serra – infatti, difficile pensare che un cambiamento così radicale non determini un impatto negativo sulle quote di import/export con il Regno Unito, almeno nel breve periodo”.
Secondo le segnalazioni che Confartigianato Sardegna ha raccolto in questi mesi dagli imprenditori sardi, le principali preoccupazioni sono 2: l’eventuale applicazione di IVA e dazi, e l’aumento della burocrazia. Nel primo caso, l’applicazione dell’IVA alle merci esportate e l’eventuale introduzione di dazi, comporterebbe un maggiore costo finale per l’acquirente inglese che, visto l’aumento di prezzo, potrebbe anche rinunciare a quel bene. Problema che, secondo le imprese, non dovrebbe porsi per i prodotti sardi, essendo fortemente tipicizzati, regionalizzati, molto richiesti e, una buona parte dei quali, non sostituibili da prodotti locali inglesi tantomeno da beni che potrebbero arrivare da altre nazioni. Nel secondo caso, il timore più grande, anche prima dell’aumento delle tasse, è quello di un “fiorire” di norme, leggi, direttive, circolari esplicative che andrebbero a ingrossare il carico burocratico che già grava sulle attività produttive italiane. E, come si sa, l’incertezza non favorisce le aziende e le “non decisioni” danneggiano le attività imprenditoriali.
“A fronte di questo, l’auspicio è che fino all’ultimo istante siano posti in campo tutti gli sforzi possibili per trovare un accordo che consenta una uscita ‘ordinata’ o comunque concordata – aggiungono Matzutzi e Serra – lo scenario internazionale è in questo periodo così complesso che una ulteriore complicazione, proprio “sull’uscio di casa”, sarebbe deleteria per gli operatori economici, anche dal punto di vista psicologico”.
L’invito che Confartigianato Sardegna rivolge agli imprenditori sardi è quello di essere, in ogni caso, preparati al fatto che il Regno Unito possa diventare, a tutti gli effetti, un Paese terzo. “Però il timore più grande è quello di tornare indietro di decenni – sottolineano Presidente e Segretario – passando da una situazione di libera circolazione di merci e lavoratori ad una frattura profonda, fatta di chiusura dei mercati e ripristino di dazi e tariffe, sia da una parte che dall’altra”.
“Come Associazione Imprenditoriale – concludono Matzutzi e Serra – siamo fiduciosi che l’Italia e l’Europa saranno in grado di trovare le modalità necessarie per gestire e minimizzare le ricadute di quanto si potrà verificare”.