Malformato, senza pelle né denti. Eppure, in buona salute. Il gattuccio boccanera di circa 30 centimetri catturato nel luglio del 2019 da un peschereccio a 500 metri di profondità a Capo Carbonara è al centro delle ricerche del tema di biologi guidato da Maria Cristina Follesa al dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università di Cagliari. Ma il rinvenimento del Galeus melastomus nelle acque al largo di Villasimius è stato il primo al mondo. Da qui, una notizia poco usuale. Anzi. Proprio per la sua eccezionalità ha scosso la comunità scientifica ed è stata ripresa da prestigiose riviste scientifiche e testate giornalistiche internazionali, da Science Forbes, a Ifl Science, OceanX, Daily Mail e Zdf. In breve, è diventata virale, conta oltre centocinquanta articoli su scala mondiale. Le indagini proseguono. Con un quesito chiave: la mutazione del gattuccio è naturale o indotta dalle variazioni delle condizioni ambientali?
Primo caso mai segnalato. “Il rinvenimento di un elasmobranco privo di strutture legate alla pelle, quali epidermide, parte del derma, denticoli dermici e denti, è il primo al mondo”. Antonello Mulas, biologo marino del gruppo della professoressa Follesa, spiega: L’esemplare di gattuccio boccanera presenta malformazioni che avrebbero dovuto portare l’animale alla morte in breve tempo dopo la nascita. Ma, dalle nostre analisi, è emerso come fosse ben sviluppato e, tutto sommato, in buona salute, un aspetto sorprendente”. Titolato “Living naked: first case of lack of skin-related structures in an elasmobranch, the blackmouth catshark” lo studio dei ricercatori cagliaritani è stato pubblicato sulla rivista Journal of fish biology. “Ha destato molto scalpore e curiosità nella comunità scientifica e tra il grande pubblico il primo rinvenimento al mondo di un pesce cartilagineo privo di pelle” rimarca il dottor Mulas.
Il lavoro è firmato da Antonello Mulas, Andrea Bellodi, Cristina Porcu, Alessandro Cau, Elisabetta Coluccia, Riccardo Demurtas, Martina Francesca Marongiu, Paola Pesci e Maria Cristina Follesa. “L’eccezionalità della scoperta sta nel fatto che le strutture mancanti generalmente svolgono una serie di funzioni vitali, per cui la loro assenza avrebbe dovuto causare la morte di questo individuo in breve tempo. Le analisi hanno invece rivelato come, nonostante la loro assenza, l’esemplare appariva al momento della sua cattura, ben sviluppato. Queste strutture – rimarcano i ricercatori dell’ateneo del capoluogo – svolgono funzioni importanti: il muco prodotto dalle cellule secretorie presenti nell’epidermide che, normalmente, rappresenta la prima parte del sistema immunitario di questi animali e protegge l’organismo dai patogeni, non sembra, con la sua assenza, aver creato alcun problema”. E ancora. “Anche la mancanza delle scaglie che, in condizioni normali, proteggono dalle abrasioni meccaniche, dai predatori e dagli ectoparassiti e che, grazie alla loro forma, favoriscono il nuoto riducendo l’attrito con l’acqua, non sembra aver ridotto la sua mobilità”. Il team del Disva si interroga su più fronti. Ma sono due i principali quesiti posti dal rinvenimento. “Il primo riguarda le cause della malformazione. Il secondo, altrettanto affascinante, si focalizza su come questo esemplare abbia potuto sopravvivere. Le risposte al primo quesito potrebbero essere molteplici e spaziano da una mutazione naturale all’effetto teratogeno di inquinanti. La seconda ipotesi presuppone che l’unico strato di derma rimanente abbia subito delle modificazioni tali che, in qualche modo, abbia sostituito le strutture assenti contribuendo a proteggere l’animale dall’ambiente esterno”.