Un sit-in silenzioso ha preceduto questa mattina a Sassari l’apertura del processo in Assise d’appello a carico di Marcello Tilloca, il 44enne di Alghero condannato in abbreviato a trent’anni di carcere per l’omicidio della ex moglie Michela Fiori, 40 anni, strangolata il 23 dicembre 2018 nel suo appartamento ad Alghero, dove sino a qualche mese prima la coppia, in procinto di separarsi, viveva insieme ai due figli.
La Rete delle donne, costituitasi parte civile con l’avvocato Gavinuccia Arca, ha guidato la manifestazione cui hanno aderito anche altre associazioni che operano a livello locale, regionale e nazionale per la difesa dei diritti di genere e contro la violenza sulle donne. Intanto è mistero per la mancata presenza dell’imputato all’udienza che si celebra a porte chiuse davanti alla Corte presieduta dalla giudice Maria Teresa Lupinu. Dopo le procedure di rito, ha preso la parola l’avvocato Maurizio Serra, che difende Tillocca, per chiedere di allegare ai motivi dell’appello la richiesta di consulenza psichiatrica per il suo assistito.
Già oggi la Procura generale dovrebbe formulare la sua richiesta di conferma della condanna di primo grado, a cui si assoceranno gli avvocati di fiducia dei parenti di Michela Fiori, che si sono costituiti parte civile con Lisa Udassi, Marco Manca e Daniela Pinna Vistoso, e ai quali il gup di Sassari, Michele Contini, aveva riconosciuto una provvisionale di 100mila euro ciascuno (madre, fratello e nonna della vittima). Marcello Tilloca è reo confesso ma non si è mai pentito.
“Michela mi tradiva, aveva un compagno”. E ancora. “Michela spacciava droga”. “Quel giorno ero andato lì per un chiarimento e Michela mi ha aggredito”: questi alcuni passaggi di una dichiarazione che rese spontaneamente durante il primo processo . Era l’antivigilia di Natale del 2018 quando l’imputato, che si stava separando dalla moglie e che per questo motivo già da tempo non abitava più con lei e con i loro due bambini, aveva bussato alla porta dell’appartamento di via Vittorio Veneto, nel quartiere di Sant’Agostino, ad Alghero. La discussione con la donna era partita quasi subito, Tilloca aveva il sospetto che sua moglie frequentasse un altro uomo e aveva cominciato a farle domande su dove fosse stata la sera prima. Lui la osservava, la teneva d’occhio e si era accorto che la notte precedente la macchina di Michela non era parcheggiata sotto casa. Nella sua richiesta di condanna all’ergastolo – pena poi ridotta a 30 anni per lo sconto previsto dall’abbreviato – il pm Mario Leo aveva sottolineato come il delitto fosse stato premeditato. Poco tempo prima, l’uomo aveva detto a un’amica che un giorno, in seguito a una discussione con la moglie, aveva afferrato un coltello per colpirà, desistendo solo per la presenza dei figli.
A seguito della prima condanna, Tilloca ha anche perso la potestà genitoriale.
Proseguirà il 9 settembre con il contradditorio tra il perito incaricato durante il processo di primo grado dal pm Mario Leo, lo psichiatra Vito La Spina, e quella indicata dall’avvocato difensore Maurizio Serra, la psichiatra Laura Volpini, il processo in Corte d’assise di appello a carico di Marcello Tilloca.