È attesa intorno alle 14 la sentenza del processo a carico dei due genitori e della zia materna del ragazzino, ora 12enne, segregato e maltrattato nella villetta di famiglia, ad Arzachena, tra il 2018 e 2019.

Il dibattimento con rito abbreviato, quindi a porte chiuse, davanti al gip del tribunale di Tempio, Marco Contu, si è appena concluso, il giudice si è ritirato in camera di consiglio. L’udienza di questa mattina è stata caratterizzata dall’arringa dell’avvocato Angelo Merlini, che difende la zia.

Il legale ha evidenziato come la donna, indicata come l’ispiratrice delle severe punizioni inflitte al 12enne per correggere comportamenti ritenuti troppo aggressivi, da ‘ribelle’, abbia riconosciuto ampiamente le proprie responsabilità nella vicenda, aggiungendo che negli ultimi mesi ha già iniziato un percorso di rieducazione sociale alla luce di un disturbo della personalità che sarebbe emerso da una perizia specialistica di cui il suo difensore ha dato conto oggi. Non solo.

La presa di coscienza dell’imputata – riferisce sempre l’avvocato Merlini – compare nero su bianco su una dichiarazione scritta che è stata letta in aula. Alla luce di questi ultimi avvenimenti, il difensore ha chiesto che non siano applicate le pene richieste dai pm Luciano Tarditi e Laura Bassani, cioè 12 anni di reclusione per il sequestro e 3 anni per i maltrattamenti, ridotti complessivamente a 10 anni per effetto dello sconto previsto dal rito abbreviato.

Stesse richieste di condanna anche per i due genitori, difesi dagli avvocati Marzio Altana e Alberto Sech: anche loro hanno chiesto clemenza i propri assistiti.

Bimbo segregato, 8 anni a genitori e zia