L’Italia non ha pagato il riscatto per la liberazione di Silvia Romano. A “sganciare” il denaro è stato il Qatar in una triangolazione di dollari, armi, garanzie politiche e soprattutto uranio, inizia così un inchiesta che il sito specializzato Africa ExPress ha pubblicato.
Il Qatar, stato canaglia, finanziatore dell’Isis e sostenitore dei peggiori tagliagola nel pianeta ha versato poco meno di quattro milioni di dollari ad Al Shabaab, che non compreranno armi (come il falso portavoce ha dichiarato a Repubblica) ma costruiranno grattacieli in Occidente.
Silvia Romano è stata, purtroppo, una pedina al centro di intrighi internazionali e affari riservati di dollari, armi, garanzie politiche e soprattutto uranio.
Si chiama Barzan Holdings ed è una specie di cassaforte da cui l’emirato del Qatar attinge i finanziamenti per la ricerca, lo sviluppo, la produzione e la compravendita di nuovi sistemi d’arma e per “rafforzare le capacità militari delle forze armate nazionali”- scrive Africa ExPress – fondata solo due anni fa, la società è quotata in borsa ed è interamente controllata dal Ministero della difesa. “Barzan Holdings” agisce pure come porta d’ingresso commerciale in Qatar per le industrie militari e offre l’opportunità alle compagnie internazionali di collaborare nella produzione e il trasferimento di tecnologie innovative nel settore della difesa e della sicurezza” e insieme alla Qatar Foundation favoriscono gli investimenti qatarini nel mondo.
La sede principale è a Doha, all’interno del Parco scientifico e tecnologico realizzato dalle autorità qatarine accanto all’Education City, il grande complesso universitario, con lo scopo di facilitare lo scambio di conoscenze tra le industrie militari e il mondo accademico-scientifico. Da qualche mese, il gruppo italiano a capitale pubblico-privato Fincantieri ha stretto con essa un’alleanza strategica per poter accrescere affari e profitti nei tempestosi mercati d’armi mediorientali e africani.
Alleanza con la Fincantiere che prevede la costruzione di quattro corvette della lunghezza di oltre 100 metri, una nave anfibia (Lpd – Landing Platform Dock) e due pattugliatori (Opv – Offshore Patrol Vessel) e dei servizi di supporto in Qatar per ulteriori 10 anni dopo la consegna delle unità.
“Alleata dei turchi e degli italiani in Libia – si legge su Africa ExPress – Doha appare subito come ottimo strumento per cavare le castagne dal fuoco. Ma c’è anche un altro piccolo, ma non insignificante, dettaglio: il generale Luciano Carta, capo dei servizi segreti esterni, dal 20 maggio ha preso il posto di presidente di Leonardo”.
Quindi la trattativa con Al Shabaab sarebbe stata condotta dai qatarioti che “non ci mettono molto a coinvolgere i leader dei terroristi, i quali a loro volta convincono i loro amici a rilasciare la ragazza catturata, in cambio di un bel pacco di dollari, ma un po’ meno dei 4 milioni sbandierati un po’ da tutti in Italia”.
“Luciano Carta prende contatti con Doha. Per suggellare la cooperazione con l’Italia, il presidente Sergio Mattarella a metà gennaio vola in Qatar e sul suo aereo c’è Luciano Carta. Incontrano il capo di Stato qatariota. Ma cosa chiede in cambio, tra le atre cose, lo sceicco Tamin bin Hamad al-Thani emiro del piccolo Paese arabo? Il Qatar da tempo ha messo le mani in Somalia sulle miniere di uranio presenti nelle due regioni centrali del Mudug e Galgadug (ora riunite in un’entità politica il Galmudug), abitate dal clan Haber Gidir e in particolare dal sottoclan Aer, che rappresenta la spina dorsale degli shebab” – scrive ancora Africa ExPress – in cambio delle mani libere sulle miniere di uranio, lo sceicco al-Thani è disposto a concedere il suo aiuto e a coinvolgere il nucleo centrale della holding Shebab (con cui ha buoni rapporti) per la liberazione di Silvia. Al-Thani conta poi sul fatto che le commesse con Fincantieri, Fimeccanica, Beretta sono in dirittura di arrivo. Gli italiani, quindi vanno aiutati senza problemi”.