Ospite ad Agorà su Rai 3, il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas ha parlato della sua versione di passaporto sanitario, ovvero di quel certificato che ha intenzione di riconoscere come sorta di patente d’immunità per i due milioni e mezzo di turisti che prevede arriveranno in Sardegna nella prossima stagione turistica, a partire dalla seconda metà di giugno:
“Il primo scenario – ha ipotizzato il Presidente – è quello che molte nazioni hanno liberalizzato e stanno liberalizzando per cui il turista arriverà già con il tampone eseguito. Per tutti questi, con la ricevuta di ciò che ha speso e stiamo parlando dell’ordine di 27-30 euro, questo è il brevetto che sta facendo la ditta italiana, lo restituiremo in termini di servizi turistici nell’hotel, nel resort, o nel luogo in cui queste persone andranno”.
“Ma se io faccio il tampone, lo devo fare all’aeroporto?”, obietta Serena Bortone, conduttrice del programma. “Il tampone lo deve fare in un laboratorio autorizzato”, ribatte Solinas. “Però – insiste la giornalista – io non li vedo questo laboratori autorizzati per i tamponi”. “Quello che abbiamo chiesto al Governo – risponde Solinas – è di fare la stessa cosa (i tamponi ndr) per le finalità turistiche con i kit rapidi molecolari di tamponi salivari per il Covid. E chiediamo lo si faccia entro 3 giorni dalla partenza”.
Il modello, secondo il presidente Solinas, è quello delle Canarie, che a luglio riapriranno al turismo con il primo volo sperimentale con passaporto sanitario digitale.
La stessa Yaiza Castilla, ministro per il turismo delle Isole Canarie, ha però dichiarato che “si tratta di una sperimentazione per valutare se ci sono le garanzie necessarie e che non si può garantire di liberarsi dal Covid-19 ma solo minimizzarne l’impatto ed essere preparati in caso accada qualcosa”. Ma se le Canarie sperimenteranno a luglio, la Sardegna che tipo di valutazioni potrà fare entro giugno se non è stata ancora programmata nessuna sperimentazione né presa alcuna decisione?
Ai fini del rilascio del passaporto sanitario tutto sardo – che, però, non potendo garantire che chi lo esegue non abbia il virus non è un vero e proprio passaporto – sarà sufficiente eseguire un unico particolare tampone in un non meglio specificato laboratorio non ancora autorizzato dal Governo. Inoltre, come dichiarato solo due settimane fa anche dalla Commissaria Ue ai Trasporti, Adina Valean, in un’intervista esclusiva all’Agenzia Vista, nessun passaporto sanitario può dare garanzie “finché non abbiamo un vaccino. Uno può fare un controllo e poi prendere il virus dopo 2 ore quindi non sono sicura dell’affidabilità di tale certificato e dato che non abbiamo un vaccino non c’è nessuna garanzia che qualcuno non abbia il virus”.
Ma lo stesso Solinas lo sa bene perché, sempre ad Agorà, dichiara che lo stesso passaporto “non esaurisce i sistemi di sicurezza”. Il documento, infatti, dovrebbe essere rilasciabile con l’esecuzione di un unico test molecolare rapido negativo.
Ma in caso di falso negativo? Come denunciato ieri dal presidente del Sis 118, Mario Balzanelli e dal virologo dell’Università di Milano, Fabrizio Pregliasco il rischio di falsi negativi a causa dei controlli eseguiti prima che il Coronavirus sia rilevabile, è altissimo. A evidenziarlo è uno studio della Johns Hopkins School of Public Healt di Baltimora, che, tra i tamponi eseguiti al quinto giorno dall’infezione, ha rilevato ben il 38% di falsi negativi, che calano al 20% all’ottavo giorno. Questo evidenzia come un tampone eseguito a tre giorni dalla partenza sia quasi inutile o, perlomeno, abbia un basso indice di affidabilità su individui appena contagiati. Non può essere escluso, inoltre, che una persona venga contagiata nei giorni immediatamente successivi all’effettuazione del tampone.
Ma il Governatore sardo risponde anche a questo: “Nell’Isola garantiamo anche che se qualcuno dovesse positivizzarsi abbiamo un sistema di rete sanitaria e un sistema di accoglienza pronta ad assistere il turista, la famiglia, gli amici, consentendo non solo una diagnosi precoce, quindi isolare precocemente anche eventuali focolai ma utilizzare degli spazi appositi per far trascorrere eventualmente l’isolamento di chi dovesse rivelarsi positivo”.
Ma stiamo parlando dello stesso sistema sanitario sardo che, in tema di Covid, ha causato quasi più danni all’interno delle stesse strutture sanitarie che altrove? Ricordiamo che in Sardegna un operatore sanitario su 4 è stato contagiato da coronavirus, e la quasi totalità (l’85%) lo ha contratto in una struttura sanitaria.
Inoltre, come sarebbe possibile, in caso di contagio, mettere in isolamento/quarantena tutte le persone entrate a contatto con un infetto in un contesto turistico che presuppone altri turisti, personale delle strutture ricettive, e abitanti delle stesse località turistiche? Poiché, come ha dichiarato a Repubblica l’assessore al turismo Gianni Chessa “la gente non può venire qui ed essere stressata da guanti e mascherine” è facilmente intuibile che, in caso di contagio, senza dispositivi di protezione la diffusione del virus sarebbe drammatica.
Aggiungiamo poi la riflessione della Fasi, la federazione dei circoli degli emigrati sardi in Italia, che chiede al presidente chiarimenti in merito al passaporto: “Secondo i prezzi praticati in diverse regioni italiane – afferma la presidente della Fasi, Serafina Mascia – il costo di un passaporto sanitario per una famiglia di 4 persone si aggira attorno ai 500 euro (analisi sierologica 40 euro, tampone 80 euro), che rappresentano un pesante aggravio del costo del viaggi. Abbiamo quindi la necessità di sapere: sono rimborsabili e in che modo? Sono a carico della Regione? Ci sono piani precisi per accedere a fondi nazionali ed europei? Secondo quali procedure?”. La Fasi invita la Regione Sardegna a richiedere al Governo un’estensione dei possibili utilizzi dei voucher vacanze anche per il viaggio e le spese per il passaporto. “Auspichiamo la riapertura degli accessi alla nostra isola, nelle necessarie condizioni di sicurezza previste dai protocolli per il Covid-19” “Abbiamo l’esigenza di maggiori chiarimenti su alcuni passaggi indispensabili: in primo luogo la comunicazione esplicita, univoca, della volontà di riaprire e le condizioni – che devono essere però fattibili – cui bisognerà sottoporsi (…) non solo per evitare ogni ipotesi di quarantena, ma per valutare possibilità, costi economici e convenienza della certificazione, del passaporto sanitario, della disponibilità dei tamponi, dei test sierologici”. “Senza la definizione di questi punti-chiave”, avverte Mascia, “temiamo che sarebbe molto difficile e complesso il rientro degli emigrati e l’arrivo dei turisti, che potremmo perdere per sempre”.
Alla luce di tutti questi dati, delle dichiarazioni rilasciate dall’assessore regionale alla Sanità Mario Nieddu che sottolinea l’incapacità della Regione Sardegna di poter gestire autonomamente, senza l’appoggio governativo, una simile iniziativa, al netto del chiasso mediatico provocato da questa patente sanitaria tutta soliniana, la domanda sorge spontanea: non è evidente che il passaporto sanitario, così come presentato, rischi di diventare un deterrente per il turismo anziché una garanzia?
Ma anche questa volta Solinas si risponde da solo, ancora ad Agorà:
“E’ un progetto decisamente complesso che mi rendo conto sia difficile completare”.