Sardegna colonia romana, dicono i libri di storia. Ma ora c’è un nuovo volume che dice proprio il contrario: “Roma colonia sarda”.

È il titolo dell’ultimo lavoro di Bartolomeo Porcheddu, esperto di lingua e storia sarda. Un autore che già in passato aveva ribaltato la posizione “marginale” della Sardegna, mettendola invece al centro della storia del Mediterraneo e del mondo occidentale.

Il primo colpo assestato era stato linguistico. Con il sardo diventato per Porcheddu “padre” della lingua latina. Per questo l’autore aveva scomodato anche il vaso di Dueno. E, proprio uno dei più importanti reperti della storia protoromana, per lo studioso si è palesato come la prova della derivazione del latino dal sardo. Ora una nuova sfida alla storia. “Il mare che univa e unisce la Sardegna al resto del Mediterraneo ha fatto correre le navi Shardana più veloci dei carri in ogni approdo, giungendo anche nei porti più remoti – spiega Porcheddu – E sempre in Sardegna nasce la prima talassocrazia del Mare Nostrum. Determinando il destino degli uomini e delle nazioni che si affacciano sul Mediterraneo antico. Roma è il risultato di questo contesto storico.

Solo attraverso la lingua sarda, idioma delle sue origini, si riesce a comprendere il significato di Urbe, di Patrizi e Plebei, di Orazi e Curiazi, di Tevere, dei Tre Colli, delle Tre Tribù, delle Curie, dei Padri Penati, del Gladio, dei Centurioni e di tutta quanta la nomenclatura che fino ai nostri giorni è rimasta senza una spiegazione etimologica”. Persino la parola Roma sarebbe “sarda”.

“Possiamo dire – spiega lo studioso – che Roma è stata colonizzata da tre tribù provenienti dalla Sardegna e individuabili etimologicamente”. Il resto il lettore lo deve scoprire leggendo le 552 pagine del testo documentate, osserva l’autore, con mille riferimenti bibliografici e da fonti egizie, greche, latine e sarde che vanno dagli inizi della civiltà neolitica nel Mediterraneo alla fine dell’Impero romano”. Alcuni esempi? “La spada romana, gladio, deve la sua origine etimologica alla foglia dell’alasiu, agrifoglio. Che ha proprio la conformazione della spada nuragica. La parola tribù – continua Porcheddu – viene da tribula, che in sardo è il forcone a tre denti utilizzato dal contadino nell’aia per separare la paglia dal grano”.