di Raimondo Schiavone

Giulietto il bolscevico. Appellativo che ha sempre ritenuto poco adatto per se stesso. Amava spiegare che, semmai – poiché in russo bolscevico significa maggioritario – avrebbe dovuto essere definito, a buon diritto, menscevico, data la sua naturale propensione ad essere sempre in minoranza e controcorrente. Insofferente e disallineato rispetto alle versioni ufficiali, era sempre pronto a difendere posizioni poco conformi al sentire comune.

È stato un grande giornalista, ma soprattutto un uomo rischiosamente libero, sempre alla ricerca di nuovi modi di comunicare quelle verità celate dal mainstream gestito dai poteri economici. Come ha fatto nel 2013 a Cagliari, in occasione della sua partecipazione al Primo Meeting Internazionale della Politiche del Mediterraneo. Ho avuto l’onore di averlo tra i relatori della prima edizione del Meeting, la fortuna di conoscerlo e dialogare con lui e di avere poi il suo prezioso contributo anche in Middle East.

Le politiche del Mediterraneo, sullo sfondo della guerra in Siria, un reportage sulle politiche del Mediterraneo, le Primavere arabe e le guerre in Iraq e Siria, di cui ho coordinato i lavori, e che raccoglie, tra gli altri, gli interventi di Alessandro Aramu, Pino Cabras e Ammar al Moussawi, responsabile Esteri di Hezbollah. Ho avuto modo di conversare a lungo con Giulietto durante quelle intense giornate. Era un uomo molto sensibile.

Quando raccontava aneddoti della propria vita o le sue visioni si entusiasmava, i suoi occhi diventavano brillanti e quel suo atteggiamento un po’ burbero lasciava spazio allo sguardo di un bambino. Felice delle sue verità, amava raccontare fatti sempre circostanziati e carichi di notizie e contenuti. Mai affermazioni secche, sempre giustificate da circostanze.

La gente, quando parlava, lo ascoltava rapita e anche noi assistevamo ai suoi racconti con incanto. Sembravano favole, le sue. Ma i fatti che riportava aprivano la mente e facevano pensare che non erano, poi, così lontani dalla verità. Ecco, lui cercava sempre la verità.

Era ossessionato da verità e senso di giustizia. Spesso dalla sua bocca uscivano parole oggi desuete al mainstream: imperialismo, anticapitalismo, antiamericanismo. Termini che oggi molti considerano non utilizzabili, perché contrari a quel senso comune che viene imposto dalle lobby economiche e politiche che governano i media del pianeta. Sosteneva a gran voce la necessità di un cambio di mentalità da parte dei gruppi dirigenti di fronte ad una crisi sistemica che investe, ormai, tutti gli aspetti della vita umana. Amava citare, a supporto di ciò, un semplice principio della fisica che vale più mille chiacchiere: in un sistema finito di risorse uno sviluppo infinito è impossibile.

Chiunque affermi il contrario o è un pazzo o un disonesto e, oggi, le sue parole risuonano quanto mai vere ed attuali. Ma per molti il suo politicamente scorretto era corretto nella sostanza e nella verità. Lo ricordo con affetto e amicizia. Mancherà il suo coraggio nel difendere posizioni poco gradite e mancherà il suo essere una voce critica e indipendente in un mondo che, mai come oggi, ha bisogno di verità. Perché merita stima chi, dicendo la verità, rompe il meccanismo del sistema.

Ciao, Giulietto.