I Centri di riabilitazione della Sardegna hanno affidato a Facebook un lungo comunicato, lamentando ancora una volta la penalizzazione della Regione attraverso le delibere inerenti l’adeguamento tariffario al ribasso e la decurtazione dei tetti di spesa emanate tra fine febbraio e metà marzo.
Oltre a questo, secondo i CMSR, è emerso un ulteriore problema legato alla sospensione dei servizi erogati dai centri diurni, ambulatoriali e domiciliari che danno assistenza a circa 4000 pazienti con diverse patologie fisiche e psichiche nella fascia d’età compresa tra 2 e 70 anni, assistiti da 2500 operatori. Infatti, per ottemperare alle disposizioni nazionali adottate per ragioni di sicurezza, tutti quei Centri, hanno sospeso la loro attività dal 9 marzo 2020″.
Di seguito l’intero comunicato:
“Si aggiorna sulla situazione che avevamo affrontato un mese fa quando i Centri di riabilitazione della Sardegna erano stati fortemente penalizzati dalle delibere inerenti l’adeguamento tariffario al ribasso e la decurtazione dei tetti di spesa emanate tra fine febbraio e metà marzo dalla Giunta Regionale; in seguito alle nostre rimostranze, la Regione ha messo una pezza a quanto fatto in precedenza, modificando solo l’allegato 5 alla DGR 7/3 del 26 febbraio 2020, ripristinando le tariffe in vigore dal 2011 attraverso l’invenzione di un margine operativo basato su percentuali totalmente errate (ma poco importa perché l’importante è stato l’obiettivo raggiunto e non la modalità); ma la modifica è valida solo per il periodo di emergenza legato al Covid e pertanto non è stato affatto colto il senso del nostro grido d’allarme, ossia che con le tariffe proposte a febbraio 2020 nessuna prestazione potrà essere effettua perché economicamente in perdita, ma soprattutto non è stata presa in considerazione la nostra richiesta di riportare sul tavolo della Commissione Tecnica istituita in Assessorato Sanità la discussione su standard organizzativi e nuove tariffe per i servizi della Riabilitazione Territoriale, perché quello è il luogo in cui ci può e deve essere il confronto tra gli erogatori privati e i rappresentanti dei servizi pubblici (ASSL e Assessorato)”.
“A questa situazione d’incertezza sul destino dei Centri non appena finirà l’emergenza Covid-19, se ne è aggiunta un’altra legata alla sospensione dei servizi erogati dai centri diurni, ambulatoriali e domiciliari che danno assistenza a circa 4000 pazienti con diverse patologie fisiche e psichiche nella fascia d’età compresa tra 2 e 70 anni, assistiti da 2500 operatori. Infatti, per ottemperare alle disposizioni nazionali adottate per ragioni di sicurezza, tutti quei Centri, hanno sospeso la loro attività dal 9 marzo 2020”.
“Per porre rimedio a questa sospensione obbligatoria, nel Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020 (Cura Italia) sono stati inseriti due articoli, 47 e 48, in cui si dà mandato alle Pubbliche Amministrazioni regionali di adottare dei provvedimenti per compensare lo stato di crisi conseguente alla chiusura forzata e si chiede ai Centri di riabilitazione di provare a proporre delle attività riabilitative alternative”.
“Nei vari Centri abbiamo provveduto ad adottare, dove possibile, misure di sostegno ai pazienti ed ai loro familiari alternative alla prestazione tradizionale; ma del provvedimento regionale che avrebbe dovuto essere emanato in accompagnamento alla nostra iniziativa invece non c’è traccia. Il riferimento è alla mancata applicazione dell’art. 48 comma 2 del Decreto c.d. Cura Italia nella parte in cui prevede che durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici e dei servizi sociosanitari e socioassistenziali di cui al comma 1 del presente articolo, le pubbliche amministrazioni sono autorizzate al pagamento dei gestori privati dei suddetti servizi per il periodo della sospensione, sulla base di quanto iscritto nel bilancio preventivo. Le prestazioni convertite in altra forma, previo accordo tra le parti secondo le modalità̀ indicate al comma 1 del presente articolo, saranno retribuite ai gestori con quota parte dell’importo dovuto per l’erogazione del servizio secondo le modalità̀ attuate precedentemente alla sospensione e subordinatamente alla verifica dell’effettivo svolgimento dei servizi. Sarà inoltre corrisposta un’ulteriore quota che, sommata alla precedente, darà luogo, in favore dei soggetti cui è affidato il servizio, ad una corresponsione complessiva di entità pari all’importo già previsto, al netto delle eventuali minori entrate connesse alla diversa modalità di effettuazione del servizio stesso. La corresponsione della seconda quota, sarà’ corrisposta previa verifica dell’effettivo mantenimento, ad esclusiva cura degli affidatari di tali attività, delle strutture attualmente interdette, tramite il personale a ciò preposto, fermo restando che le stesse dovranno risultare immediatamente disponibili e in regola con tutte le disposizioni vigenti, con particolare riferimento a quelle emanate ai fini del contenimento del contagio da Covid-19, all’atto della ripresa della normale attività̀”.
“Il 31 marzo 2020 è stata indetta una riunione in videoconferenza coordinata dal Direttore del Servizio promozione e governo delle reti di cure, a cui hanno preso parte diversi Funzionari regionali dell’Assessorato Sanità e Politiche Sociali, i Funzionari ATS responsabili dell’Area Committenza e contratti e di altri Uffici competenti, ed i Referenti dei principali Erogatori della riabilitazione privata della Sardegna.”
“La riunione che aveva per oggetto proprio l’analisi e le possibili modalità d’applicazione degli art.47 e 48 del Decreto Cura Italia, sentiti tutti gli attori coinvolti, si chiuse con il rimando all’adozione entro brevissimo termine, stante il danno economico e le possibili conseguenze negative evidenziate dagli Erogatori, di un provvedimento da parte della Regione che regolamentasse la fattispecie in oggetto e consentisse all’ATS di avere un riferimento normativo per procedere al pagamento del c.d. “vuoto per pieno” previsto dalla normativa nazionale e/o di cooprogettare, attraverso gli organismi a ciò deputati nei servizi sanitari territoriali(UVT e DSM) in sintonia con i Centri privati, attività alternative alla prestazione normalmente erogata”.
“Alla data odierna, nonostante diversi solleciti e una nota congiunta inviata dai Centri di riabilitazione sardi (che si allega per conoscenza), nessun provvedimento è stato adottato o sembrerebbe in procinto di essere esaminato, né tanto meno è stata data una qualsiasi informazione o risposta a quanto richiesto”.
“Il danno economico che stiamo subendo, a causa dei costi fissi sostenuti in questo periodo (quali quelli per il personale non collocabile in Cassa integrazione, gli affitti, le utenze, l’acquisto dei DPI necessari per erogare le prestazioni non appena si potrà riprendere il servizio etc.) non supportati dalle entrate per la mancata erogazione delle prestazioni, se non affrontato tempestivamente condurrà alla impossibilità di riaprire le attività alla fine dell’emergenza per la situazione debitoria creatasi, con le naturali disastrose conseguenze per i pazienti che non avranno più alcun servizio a cui fare riferimento ed i lavoratori che perderanno il loro posto di lavoro. Come Erogatori abbiamo sperato che questo problema potesse essere affrontato nelle opportune sedi istituzionali, e potesse essere adottato quanto prima un provvedimento che avrebbe già la sua base normativa nel Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020 e la sua copertura finanziaria nei contratti già in essere tra l’ATS e gli erogatori privati senza che debba essere destinata alcuna nuova risorsa economica o ne debba essere distolta alcuna da altri servizi”.
“Capiamo perfettamente che in questo momento in sanità si stiano affrontando diversi problemi di enorme rilevanza e abbiamo atteso pazientemente che venisse affrontato anche il nostro; sappiamo per certo, e ne siamo stati anche testimoni diretti, che non si è certo bloccata l’attività ordinaria dell’Assessorato Sanità con l’emanazione di provvedimenti non concernenti solo la gestione dell’emergenza Covid-19; e per questo non capiamo il motivo per il quale non si è dato corso a quanto concordato nella riunione del 31 marzo, ma soprattutto non capiamo perché ignorare totalmente le nostre istanze scritte e non dare una risposta che ci consenta di capire ed organizzare il nostro futuro, quello dei nostri pazienti e quello dei nostri dipendenti, cioè tutti coloro che da questo silenzio assordante saranno direttamente colpiti e spazzati via”.
Il post:
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