“Il lavoro agile, unico strumento che avrebbe potuto evitare questa catena di contagi, è stato adottato con troppo ritardo. E’ assurdo che società operanti nel settore delle telecomunicazioni si siano trovate così altamente impreparate dal punto di vista tecnico ed organizzativo”. Lo afferma Marianna Stara, componente della segreteria Regionale Uilcom Sardegna a proposito degli ormai sette casi di positività al Covid 19 registrati nel call center Comdata di Elmas.
“Lo sforzo messo in campo negli ultimi giorni è tardivo – afferma Stara -: la nostra richiesta sin dai primi incontri a metà marzo è sempre stata quella di agevolare tale soluzione ma sino allo scorso 26 marzo solo su una commessa si era intrapresa questa strada (circa 60 lavoratori su 600). Solo in seguito si è allargata la platea forse anche sulla spinta dei contagi che si stavano registrando (anche in altre sedi del territorio nazionale). Ad oggi il call center è chiuso sino a data da definirsi, ma ancora troppi lavoratori non sono messi nelle condizioni di poter svolgere il proprio lavoro e pertanto sono costretti ad utilizzare i propri istituti (per quanto concerne i dipendenti Windtre), oppure forzatamente in Fis (dipendenti Comdata)”.
“La confusione che ha accompagnato tutta la vicenda con la chiusura e la riapertura della sede in diversi step di certo non ha aiutato a gestire una situazione già complicata con serenità, i ritardi e le comunicazioni confuse hanno fatto il resto – conclude la sindacalista -. Riteniamo che a tutti i lavoratori debba essere fornita la strumentazione per poter svolgere il lavoro in modalità agile: non possiamo pensare che a più di un mese dall’inizio di questa emergenza nazionale non si sia in grado di trovare delle soluzioni tecnologiche adeguate”.
La situazione attuale. Finora il call center Comdata di Elmas – che conta dipendenti Comdata, Interinali e anche dipendenti WindTre in distacco – ha registrato 7 casi accertati di Covid 19 e un numero imprecisato di quarantene e tamponi già effettuati. Questa mattina davanti alla sede erano posizionati due furgoni della ASL che dovevano fare i tamponi ai lavoratori e una lunga fila di macchine. Dopo l’ultimo caso registrato l’azienda sanitaria ha infatti deciso che i tamponi a domicilio sarebbero stati troppi da eseguire e ha richiesto che gli stessi fossero effettuati in sede, ma senza far scendere i lavoratori dalla propria auto. A questo proposito i lavoratori chiedono alla Asl una maggiore chiarezza sui criteri adottati per la convocazione per i tamponi e comunicazioni precise sulla messa in quarantena in modo da poter richiedere l’ammissione alla malattia.
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