“Lo abbiamo ribadito in tempi non sospetti, se non si prendono provvedimenti straordinari ed urgentissimi per proteggere le strutture ospedaliere cittadine e territoriali (pubbliche e private) e tutti gli operatori che ci lavorano, compresi i pazienti, non solo aumenteranno i contagi, ma nel breve periodo potrebbe non essere più garantita l’assistenza e le cure all’utenza. Sentiamo polemiche ed accuse del tipo “se qualcuno ha sbagliato, è giusto che paghi, o meglio pagherà”, bene, come non essere d’accordo, tuttavia però va detta una cosa, nonostante i numerosi appelli e segnalazioni, le misure che nel frattempo si stanno adottando a tutti i livelli appaiono solo di tipo difensivo, tradotto: si interviene solo in seguito ai contagi”. Lo scrivono in un comunicato i sindacati Cisl Fp di Sassari.
“Sulla prevenzione e il contenimento – continua la nota – purtroppo la catena di comando è lenta ed inefficace, regione Sardegna ed Aziende sanitarie sono scoordinate, le unità di crisi a vari livelli appaiono in forte difficoltà, per cui abbiamo chiesto in più occasioni di rinforzare le cabine di regia con soggetti e/o organismi esperti di organizzazioni complesse, coinvolgendo prefetture e protezione civile. Si continua ad affermare che i DPI sono sufficienti, ma nel frattempo riceviamo una marea di segnalazioni da parte dei colleghi del pubblico e del privato che lamentano la penuria di mascherine e altri dispositivi, non è un caso infatti che i numeri dimostrano il triste primato del nord Sardegna con circa 134 casi, la cui diffusione appare inarrestabile con circa 60 casi positivi nelle ultime giornate, il 70% dei totali sono tutti sanitari. Se le cose continuano così, nei prossimi giorni si rischia il collasso del sistema. Per cui i tamponi devono essere eseguiti rapidamente a tutto il personale che mette piede in ospedale e nelle strutture territoriali (sanitario, tecnico, di supporto e delle cooperative/ditte di appalto) con la massima priorità, almeno per quantificare l’incidenza dei contagi. Contestualmente, al fine di contenere il diffondersi dell’epidemia, è necessario che, in forza ai decreti ministeriali, le autorità competenti individuino e/o requisiscano strutture abitative di tipo alberghiero dove ospitare il personale risultato positivo e potenzialmente esposto al contagio, così da evitare quanto possibile qualsiasi contatto sociale e di tipo familiare che potrebbero amplificare i numeri dei contagi. Riconvertire anche strutture e/o spazi ospedalieri dedicati ai pazienti “Covid-19” che non necessitano di assistenza sub-intensiva ed intensiva”.
A questo proposito servono misure urgenti anche di carattere organizzativo, in termini di potenziamento di personale ed una migliore distribuzione dello stesso. Non è più accettabile che i colleghi delle rianimazioni e soprattutto delle malattie infettive siano costretti ad osservare turni di lavoro di 12 ore ed in condizioni lavorative proibitive, poiché per entrare in queste unità operative è necessario essere bardati dalla testa ai piedi, tutte precauzioni che limitano questi lavoratori nel dissetarsi e mangiare qualcosa, limitazioni che pregiudicano anche i bisogni fisiologici.
Ultimo aspetto, ma non ultimo, i pazienti. Anche per loro (sia essi covid-19 oppure no) bisognerebbe trovare delle modalità di supporto e sostegno in considerazione del fatto che non possono ricevere visite dei familiari. E’ necessario attenzionare alle fragilità con le quali il paziente è costretto a convivere, poiché oltre la malattia c’è anche il disagio di non poter ricevere le visite in corsia.
In tutto questo infine, c’è bisogno di partecipazione e maggiore raccordo tra le Direzioni aziendali di tutte le strutture e chi rappresenta il mondo del lavoro, ossia le organizzazioni sindacali, a tal fine per veicolare le informazioni e tutte le iniziative e/o misure necessarie per combattere con capacità e consapevolezza questo momento davvero difficile.