Addio a Emanuel Ungaro, il couturier che “amava le donne”, come lui stesso precisava in un’intervista. Ungaro, malato da tempo, è morto ieri sera nella sua casa di Parigi. Una fine senza clamore, circondato dall’affetto della famiglia. Dalle passerelle si era allontanato già anni fa. Una decisione presa anzitempo nel 2004, la stessa che due anni prima, veniva annunciata da Yves Saint-Laurent, altra icona francese della haute couture, e nel 1968 dal couturier spagnolo Cristobal Balenciaga, dal quale il giovane Emanuel aveva fatto l’apprendistato e di cui era stato l’allievo preferito.
Pur essendo nato nel 1933 in Francia, Ungaro aveva sangue italiano nelle vene. Sue padre era un sarto pugliese, di Francavilla Fontana, fuggito oltralpe per scampare al fascismo.
La moda era quindi nel dna del piccolo Emanuel che già a pochi anni aveva ricevuto in dono una macchina da cucire. Ma il suo legame con l’Italia venne rinnovato soltanto dopo il suo addio alle moda. Ungaro trascorse i lunghi periodi a Roma, dove aveva acquistato e restaurato un palazzo cinquecentesco.
In un’ intervista al settimanale Paris Match dove aveva svelato la sua decisione di lasciare l’haute couture, Ungaro aveva ironizzato dicendo di non volere “statue e musei” dedicati a lui. “Mi sento vivo”, aveva affermato, e ”guardo avanti”.
Ma il suo addio alla moda fu invece definitivo. ”Ho consacrato più di 35 anni della mia vita all’Alta Moda. L’ho amata con una passione divorante. -diceva – Assieme all’universo che rappresenta: laboratori, artigiani, ricamatori, tutti detentori di un savoir faire che rischia di morire. Se c’e’ un dramma e’ quello di questa gente che perde l’arte e il lavoro. Certe sarte erano con me dall’inizio. Ma bisogna tagliare i fili, disfare questa famiglia che si era formata nell’armonia”.