Ai matrimoni, alle nascite e ai battesimi in Barbagia è sempre stato il dolce della festa, imprescindibile per accompagnare il caffè. Ma il biscotto sardo è anche protagonista del rito dei morti: si consuma con il caffè dopo il funerale nella casa del defunto. Un dolce che nella tradizione ultracentenaria dei paesi più antichi dell’isola ha sempre scandito i momenti importanti della vita.

Nei borghi del centro Sardegna il biscotto tipico fa parte della tradizione pasticciera locale, ma Fonni più di tutti è il luogo simbolo, il paese dove questo dolce è nato e in cui ha dispiegato le ali per farsi conoscere nel mondo. Un dolce che nel paese montano più alto della Sardegna ha trovato uno spazio di rilievo tra le esposizioni dei prodotti locali nel penultimo weekend di Autunno in Barbagia, la manifestazione itinerante promossa dalla Camera di Commercio di Nuoro e dall’Aspen, l’Azienda speciale, che ha fatto tappa anche a Ortueri.

“Tutto inizia con mia nonna e la sorella, che a cavallo tra gli anni ’40 e ’50 si riunivano in un piccolo laboratorio domestico in occasione delle cerimonie delle varie famiglie del paese e sfornavano biscotti – racconta all’ANSA Pietro Masini, 28 anni, discendente di una famiglia di produttori di biscotti tipici – Mio padre Mario e mio zio Gianni hanno preso in mano l’attività fondando la prima impresa negli anni ’70. La domanda negli anni ’80 in Sardegna superava l’offerta e la ricerca di nuovi mercati ha dato i suoi frutti, rendendo necessaria la costruzione di un nuovo capannone. La domanda è poi cresciuta anche all’estero e così nel 2015 siamo arrivati al terzo capannone di 3mila metri quadri”.

Ora al timone dell’azienda, che conta una trentina di addetti, è arrivata la terza generazione: il biscotto di Fonni, partito da un laboratorio domestico tanti decenni fa, esporta adesso milioni di confezioni nel mondo. “Il biscotto traina il mercato regionale e italiano ma il nostro brand conosciuto all’estero, soprattutto in Asia e negli Stati Uniti, è il tiramisù – spiega Masini – poi abbiamo brevettato il ‘Tiramisardo’, un savoiardo con la crema, e in occasione di Cortes Apertas abbiamo lanciato ‘Tirami’, un dessert con savoiardo inzuppato di creme alla frutta. Per noi una scommessa vinta: partendo dai prodotti identitari, si può realizzare un vero e proprio brand”.

Da Fonni a Ortueri, nella Barbagia del Mandrolisai, terra di vigneti, sughere e lecci ma anche di artigianato locale. Dal sughero e dalla sua lavorazione nascono nel paese diverse botteghe di coltellinai che producono la “leppa”, il classico coltello sardo usato un tempo in tutte le attività. Tra gli artigiani presenti a Cortes Apertas, c’è Piero Murru, di 55 anni.

“E’ un’arte che mi ha tramandato mio padre e che adesso io tramando a mio figlio – dice – Per me è un lavoro e un hobby allo stesso tempo. In questo paese produciamo ‘Sa Lamedda’, il coltello per lavorare il sughero, ma anche ‘Sa Leppa’, detta ‘lippedda’. Provenendo da culture contadine e agropastorali, per noi il coltello è il terzo braccio: si usa nella macellazione degli animali così come in attività banali come ad esempio slegare il fieno. Ma ora è anche diventato oggetto da collezione e di sfoggio”. Lavorare “Sa lippedda” richiede impegno ma soprattutto arte. “La passione per noi coltellinai è tale per cui capita che una volta finito un coltello non riesci a metterlo in vendita – confessa Murru – lo osservi e lo accarezzi come se fosse una creatura vivente: si fa davvero fatica a separarsene”.