Il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, coi colleghi di Busto Arsizio, ha arrestato l’ex eurodeputata di FI Lara Comi, l’ad dei supermercati Tigros Paolo Orrigoni, entrambi ai domiciliari, e il dg di Afol Metropolitana Giuseppe Zingale (in carcere). In un filone dell’indagine ‘Mensa dei Poveri’ l’ordinanza è stata firmata dal gip Raffaella Mascarino e chiesta dai pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri per accuse, a vario titolo, di corruzione, finanziamento illecito e truffa.
“Nonostante la giovane età, Lara Comi ha mostrato nei fatti una non comune esperienza nel fare ricorso ai diversi, collaudati schemi criminosi volti a fornire una parvenza legale al pagamento di tangenti, alla sottrazione fraudolenta di risorse pubbliche e all’incameramento di finanziamento illeciti”. E’ scritto nel’ordinanza di custodia cautelare che ha portato l’ex europarlamentare agli arresti domiciliari.
“Dall’esame degli elementi indiziari (…) emerge la peculiare abilità che l’indagata Comi ha mostrato di aver acquisito nello sfruttare al meglio la sua rete di conoscenze al fine di trarre” dal ruolo pubblico “di cui era investita per espressione della volontà popolare il massimo vantaggio in termini economici e di ampliamento della propria sfera di visibilità”. Lo scrive il gip di Milan Raffaella Mascarino nell’ordinanza di arresto per l’ex europarlamentare e altri due.
Intercettazioni in cui Nino Caianiello, presunto “burattinaio” del sistema di mazzette, finanziamenti illeciti, nomine e appalti pilotati, la insultava anche dandole della “cretina” e poi verbali di indagati, tra cui anche quello del suo ex addetto stampa, che la tiravano in ballo. C’era già questo ed altro su Lara Comi negli atti della maxi inchiesta milanese ‘Mensa dei poveri’ che oggi, con nuovi sviluppi anche basati proprio sui verbali del “grande manovratore” che da tempo sta collaborando coi pm, hanno portato all’arresto dell’ormai ex eurodeputata, oltre a quello dell’ad di Tigros Paolo Orrigoni e del dg di Afol Giuseppe Zingale. “Veniamo sulle due cose, uno questa cretina della Lara a che punto stiamo? (Lara Comi, ndr) perché io la vedo stasera, così gli faccio lo shampoo”, diceva Caianiello, intercettato il 29 novembre 2018, parlando con Zingale che gli rispondeva: “il 17 già liquidato, 21 gli ho fatto il contratto”.
L’operazione è un nuovo filone della maxi indagine che il 7 maggio portò a 43 misure cautelari eseguite, tra gli altri, nei confronti dell’ex coordinatore di Forza Italia a Varese Nino Caianiello, del consigliere lombardo ‘azzurro’ Fabio Altitonante e dell’allora candidato alle Europee e consigliere comunale in quota FI Pietro Tatarella. Sono state proprio le dichiarazioni ai pm di Caianiello, presunto “burattinaio” del sistema e interrogato molte volte nei mesi scorsi, a confermare un quadro accusatorio già emerso dai primi racconti di imprenditori e indagati in Procura dopo il blitz. Lara Comi risponde di tre vicende. La prima riguarda due contratti di consulenza ricevuti dalla sua società, la Premium Consulting Srl, con sede a Pietra Ligure (Savona), da parte di Afol e, in particolare, dal dg Zingale, “dietro promessa di retrocessione di una quota parte agli stessi Caianiello e Zingale”, come riportato negli atti depositati nella tranche principale. Circostanza messa a verbale da Maria Teresa Bergamaschi, avvocato e stretta collaboratrice dell’ex eurodeputata in un interrogatorio del 14 maggio: “Il 15 dicembre 2018 mi arrivò un messaggio di Lara Comi (…) mi scriveva ‘Zingale vorrà un regalo di Natale'”. E aggiunse : “Mi parlò della necessità di pagare in vista dell’estensione dell’incarico una cifra di 10 mila euro a Zingale”. L’esponente di FI è accusata anche di aver ricevuto un finanziamento illecito da 31 mila euro dall’industriale bresciano titolare della Omr holding e presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti. Il versamento sarebbe stato effettuato in vista delle ultime elezioni europee e per una consulenza basata su una tesi di laurea scaricabile dal web dal titolo “Made in Italy: un brand da valorizzare e da internazionalizzare per aumentare la competitività delle piccole aziende di torrefazione di caffè”. Nel terzo episodio (truffa aggravata al Parlamento europeo) è coinvolto anche il giornalista Andrea Aliverti, che collaborava con Comi come addetto stampa, con compenso di mille euro al mese, rimborsati dall’Europarlamento. Interrogato dai pm ha dichiarato di avere ricevuto un aumento a tremila euro, con l’obbligo di restituirne duemila a FI per pagare le spese della sede che Comi non pagava. Di Orrigoni, infine, ex candidato sindaco di Varese, ha invece parlato l’imprenditore Pietro Tonetti. Ha raccontato che, d’intesa con lui, Orrigoni avrebbe versato l’anticipo di 50mila euro della presunta tangente, mascherata sotto forma di incarico a uno studio di ingegneristica, per ottenere la variante di destinazione d’uso di un terreno a Gallarate su cui aprire un nuovo punto vendita Tigros.
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