Per gli orsi bruni è tempo di letargo. In Trentino, dove sono scese le prime nevicate da qualche giorno, il plantigrado più famoso d’Italia, M49, si appresta al lungo sonno invernale. L’ultima predazione è dell’11 ottobre scorso, nella zona del Vanoi, nel Trentino orientale, dove l’animale ha ucciso un torello. “Il lavoro del Servizio forestale rimane attivo, continuando anche il dialogo con la Provincia autonoma di Bolzano. C’è stato qualche avvistamento, l’ultimo recentemente in val Calamento, ma ora andrà in letargo e non ci sono state novità”, spiega l’assessore all’agricoltura e foreste della Provincia autonoma di Trento, Giulia Zanotelli.

La notte tra il 14 ed il 15 luglio, a poche ore dalla cattura avvenuta con una trappola a tubo, M49 aveva scavalcato la recinzione elettrificata con cavi a 7.000 volt, certificata dal ministero e da Ispra, del Centro faunistico del Casteller di Trento e si era spostato sulla Marzola. Fino a poche ore prima si trovava dall’altra parte del Trentino, in un’area di circa 250 chilometri quadrati compresa tra la destra orografica della bassa val Rendena e la valle del Chiese. Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ne aveva autorizzato la cattura con un’ordinanza a causa dei comportamenti ritenuti dannosi e reiterati, contro i quali le misure di dissuasione e prevenzione adottate in precedenza (15 da settembre 2018 a giugno 2019) si erano rivelate inefficaci.

Un provvedimento duramente contestato dal mondo animalista e ambientalista e anche dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, che ha ribattezzato l’orso “Papillon”, accostandolo all’omonimo personaggio del romanzo autobiografico di Henri Charrière poi interpretato da Steve McQueen nel film del 1973. La fuga di M49, ed i successivi tentativi di cattura, dopo una nuova ordinanza di Fugatti, avevano persino spinto la Lega anti vivisezione a chiedere al Guardasigilli Alfonso Bonafede di inoltrare al presidente della Repubblica Sergio Mattarella formale richiesta di grazia per M49.

Ma l’orso, essendo un animale, e tra i più solitari, non si cura certo delle considerazioni umane. Segue il suo istinto, inconsapevole di essere inviso a pastori e agricoltori che hanno manifestato in un migliaio a Trento per reclamarne la pelle lamentandosi dei problemi causati, non solo da M49, a pascoli e coltivazioni di montagna. E l’orso non si cura certo del fatto dei danni provocati, calcolati dalla Forestale del Trentino, secondo la quale ad M49 sono da attribuire, per l’anno 2018, circa un terzo di tutti i danneggiamenti da orso riferiti al patrimonio zootecnico provinciale. Nei primi mesi del 2019, invece, sono stati sette i tentativi di intrusione in edifici come baite, stalle, fienili e tre i danni ad apiari. Il plantigrado è anche ritenuto responsabile di 13 uccisioni di animali da allevamento nel solo 2019.

M49, quindi, rimane in libertà. Dopo la sua fuga, trovandosi impossibilitato a ritornare in Rendena per la presenza delle barriere naturali (il fiume Adige) e artificiali (l’A22), si è diretto sulla Marzola, poi verso la Vigolana, quindi in valle di Cembra, arrivando anche in Alto Adige dalla valle di Fiemme: uno “sconfinamento” che aveva portato la Provincia altoatesina ad emettere un’ordinanza di cattura simile a quelle trentine. Ora, nel periodo del letargo, l’orso si trova nella zona della val Calemento e del Lagorai, una delle aree meno abitate e più selvagge del Trentino: lui non ne sarà, forse, consapevole, ma da quelle parti potrà prolungare la sua “fuga” indisturbato, quantomeno fino alla prossima primavera.