Un ragazzo su tre nel proprio telefono cellulare ha materiale che lo potrebbe mettere nei guai, in particolare nella galleria delle chat, delle foto e dei video ha conversazioni blindate, video pornografici, challenge pericolose.

E’ il risultato di una indagine di skuola.net che ha intervistato 4mila giovani tra gli 11 e i 25 anni chiedendo loro di aprire per pochi istanti i telefoni e di rivelarne i segreti.

Il sondaggio ha preso il via da un evento che ha scosso l’opinione pubblica nei giorni scorsi, quando una chat intitolata “The Shoah Party” è stata portata alla luce.

Ragazzi adolescenti, moltissimi dei quali minorenni, si scambiavano materiale da film dell’orrore: inni all’Isis e al nazismo, insulti razzisti, video pornografici e pedopornografici, contenuti violenti. I luoghi preferiti per lo scambio di contenuti di qualsiasi tipo sono le chat dei servizi di messaggistica.

Secondo i dati, il 60% usa soprattutto WhatsApp, un altro 35% per lo più Instagram.

Su queste piattaforme, quasi tutti partecipano a chat collettive: il 58% chatta in gruppo con i propri amici, mentre un terzo dei ragazzi partecipa a gruppi in cui ci sono anche sconosciuti.

Ma in queste chat da cui genitori e parenti sono esclusi i giovani si scambiano anche contenuti non appropriati: a raccontarlo è 1 su 3 di coloro che vi partecipano.

La tipologia di questi contenuti è varia: se circa un quarto dei coinvolti non è in grado di definirne delle caratteristiche precise, la restante parte ha fornito maggiori dettagli: si va dal materiale pornografico (65%) alle immagini di violenza (11%), dagli inni al nazismo/fascismo (8%) agli inviti a challenge o comportamenti pericolosi (7%) fino al bullismo (5%) e al razzismo (4%).

Sul motivo dello scambio, oltre la metà pensa possa essere divertente e fonte di ilarità scherzare su tali argomenti. Mentre un 25% sembrerebbe interessato all’argomento delle discussioni. Il 13% lo ha fatto semplicemente annoiato, il 7% ha seguito passivamente il gruppo.

Questo tipo di conversazioni avvengono soprattutto in chat molto ristrette, quasi “blindate” (68%), forse perché il 70% sa perfettamente di muoversi al confine della legalità.