“Snobbata dai festival, per lo più assente dalle manifestazioni culturali più importanti, la poesia sarda improvvisata sopravvive, e a fatica”.
A lanciare il grido di dolore in un colloquio con l’ANSA è Bachisio Bandinu, antropologo e profondo conoscitore della cultura della Sardegna, uno dei 60 ospiti a Seneghe del “Cabudanne de sos poetas”. La manifestazione per quattro giorni ha celebrato la poesia nazionale e internazionale, con incontri, musica, teatro, esposizioni, assieme a un folto e attento pubblico. La cittadina del Montiferru ha ricordato Paolo Pillonca, grande operatore di cultura sarda recentemente scomparso, con la presentazione del suo libro postumo “O bella Musa, ove sei tu?”
“Un viaggio nell’universo della poesia ‘a gara’ – spiega Bandinu, uno dei relatori – dove i poeti difendono temi contrapposti estratti a sorte con un biglietto. Intelligenza, vasta cultura, arguzia, capacità tecnica di rimare e rispettare la metrica in tempi lampo, ironia sottile o caustica sono le caratteristiche indispensabili per questi poeti”.
Un bene immateriale della Sardegna che affascina studiosi da tutto il mondo. “Le nuove generazioni parlano sempre meno il sardo – aggiunge Bandinu – la limba non ha più quella verve creativa, non c’ è un sapere linguistico per poter ascoltare i versi della poesia estemporanea, ottave in rima che richiedono una comprensione specifica delle parole e della struttura linguistica”. Per Bandinu, Seneghe ha un grande merito: “Onore a un festival internazionale che parla anche sardo e crea amicizia fra le lingue del mondo”.
Una lingua arricchisce l’altra. “La poesia trova nel canto il suo migliore veicolo espressivo e nella gara il poeta la declama dandole melodia e caricandola di tonalità suggestive. Seneghe vanta una delle forme più alte di espressione con Su Cuntrattu seneghesu”.