Non solo i pastori “senza bandiere” ma anche Copagri Sardegna avanza delle perplessità sui contenuti del piano di regolazione dell’offerta del pecorino romano per il triennio 2019-2022 già avanzata a Borore il 15 luglio alla presenza delle Organizzazioni Professionali Agricole e delle Centrali Cooperative.
L’organizzazione, tramite il presidente regionale Ignazio Cirronis, si appella “al senso di responsabilità dei trasformatori anche per costruire un sistema di relazioni contrattuali che non penalizzi sempre il pastore”. Ma c’è di più, secondo Copagri “ad oggi, proiettando l’attuale trend di crescita delle quotazioni del pecorino romano sino ad ottobre ed applicando quanto previsto dall’accordo del 8 marzo, da noi non condiviso, è prevedibile l’assegnazione ai pastori di un saldo praticamente vicino all’acconto dei 74 centesimi/litro, a meno di miracoli improvvisi”.
“Il piano non è adeguato a offrire un contributo verso il superamento della crisi che ha investito il comparto ovicaprino – afferma Cirronis – L’incerta definizione del tetto produttivo, che parrebbe fissato in 265.000 quintali. per la produzione 2019-2020 ma suscettibile di revisione nelle annata successive, cozza contro i dati di mercato che segnalano un consumo di pecorino romano nel mondo nel 2018 pari a circa 210.000 ql. in pasta alle 24 ore. Non si tiene conto che nell’ultimo triennio la produzione è sforata in due delle tre annate, producendo eccedenze che non sono ancora smaltite. L’inasprimento della contribuzione aggiuntiva, da sempre auspicata, viene mitigata da un non condivisibile sistema di deroghe”. “I suggerimenti delle organizzazioni agricole non sono stati presi in considerazione – aggiunge Pietro Tandeddu, responsabile nazionale Copagri comparto ovicaprino – L’euro per litro latte è una chimera. Il decreto sulle emergenze agricole, da noi riconosciuto come valido strumento, è lungi dall’essere attuato”.