La scorsa settimana l’ergastolano sardo Mario Trudu aveva scritto una lettera dal carcere per rispondere ad un editoriale di un quotidiano su Cesare Battisti e sulla pena dell’ergastolo. Oggi il 69enne di Arzana, che aveva lanciato la sua provocazione – “meglio la morte che una vita in carcere” – ritorna suo malgrado alla ribalta della cronaca per le sue condizioni di salute.
A denunciare la situazione è Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, facendosi interprete delle “vive preoccupazioni” dei familiari dell’uomo detenuto nel carcere di Massama (Oristano), lo stesso dove è rinchiuso l’ex Pac.
“Mario Trudu, 69 anni, in carcere da 40 anni, versa in condizioni di salute precarie, che appaiono incompatibili con il regime detentivo – sostiene Caligaris – E’ affetto da una fibrosi polmonare, una complicazione derivante dalla sclerodermia che nelle forme più severe può portare alla mortalità. Se ciò non bastasse, gli è stato diagnosticato anche un tumore prostatico. L’ergastolo ostativo a cui l’uomo è sottoposto – osserva – non contempla l’esclusione del diritto alla salute che deve essere garantito a tutte le persone private della libertà in quanto diritto costituzionale oltre che valore umano. Lo aveva recentemente ribadito anche la Cassazione intervenuta sul caso di Totò Riina quando le condizioni di salute del boss, ristretto con il regime del 41bis, avevano richiesto un ricovero ospedaliero”. Da qui un appello al direttore sanitario dell’istituto penitenziario affinché “valuti l’urgenza di provvedere a un ricovero in un Ospedale per l’intervento chirurgico e/o in una Residenza Sanitaria affinché l’anziano detenuto possa trovare l’assistenza indispensabile per la cura delle gravi patologie in atto”.