morte-sciola-firino-and-ldquo-artista-rivoluzionario-and-rdquo

Al luogo mancano molti buoni motivi per una visita: il mare, un centro storico, una chiesa o un sito archeologico di pregio, un nuraghe. Eppure San Sperate, ottomila persone a una ventina di chilometri da Cagliari, è scenario da 50 anni di un miracolo dell’arte che ha trasformato un insieme di case venute su alla rinfusa in un effervescente laboratorio a cielo aperto per artisti di tutto il mondo. Merito di Pinuccio Sciola, scultore visionario e testardo animato da una furia creativa capace di cambiare il destino di una intera comunità. Il giorno della processione del Corpus Domini del 1968, quando il continente era scosso dalla protesta giovanile, lui lanciò la sua pacifica “rivoluzione della calce bianca” intonacando i muri di tutto il paese, fatti di mattoni di terra cruda, un impasto di fango e paglia,che ancora spuntano qua e là. Quelle pareti candide diventarono la tela su cui Sciola cominciò a disegnare i primi murales. Aveva appreso la tecnica nei suoi viaggi all’ estero e l’ aveva importata facendo da apripista al muralismo sardo che col tempo ha trovato luoghi d’ elezione come Ulassai e Orgosolo.

Sciola è morto nel 2016 a 74 anni ma a San Sperate tutto parla di lui, dalle sculture arcaiche e misteriose sparse ovunque agli oltre 500 murales accumulatisi nel tempo. Ogni anno se ne aggiungono di nuovi. La prima opera straniera è del 1969, Fichi d’ india, un graffito ancora “vivo” della tedesca Elke Reuter. Dei primi anni ’90 è ‘Pane carasau’ del collettivo di studenti di Belle Arti di Budapest. Tra i vicoli spuntano decine di lavori di street artist e writers brasiliani, andalusi, sudamericani, nord europei… L’ eredità di Sciola, amato ma anche osteggiato nel paese-museo per la sua verve autoritaria, è affidata alla Fondazione presieduta dalla figlia Maria e all’ associazione SanSperArte, un rete di imprese culturali animate dai volontari. E’ il caso di Noarte, che dal 2000 ha intrecciato rapporti in Italia e fuori per promuovere rassegne, convegni, eventi.

“Pinuccio ci ha obbligati a entrare in un mondo che ignoravamo” dicono i responsabili Manuela Serra e Daniele Spiga. Il legame nato nel 2016 con la Biennale d’ Arte di Cerveira, la più antica del Portogallo, ha portato quest’anno a San Sperate i lavori di 16 artisti lusitani per la mostra “Territori Immaginati”, fino al 30 giugno, che ha per tema le migrazioni. L’ accoglienza, del resto, è una cifra di San Sperate. La tradizione del padrone dei muri che ospita l’artista per il tempo utile a finire l’ opera è diffusa come l’ abitudine di lasciare aperta la porta di casa. Pinuccio Sciola amava andare in giro scalzo “per mantenere il contatto con la terra”. Un amore particolare lo legava alle pietre, che andava a scegliersi nel cuore della Sardegna. “Le pietre parlano”, spiegava, e per dimostrarlo negli anni ’90 arrivò a farle suonare, grazie a tagli di lunghezza diversa. Accarezzandole con le mani o una sasso levigato vibrano e diventano musica. Alcuni vi ritrovano il canto delle balene, altri le campane tubolari o le voci della natura. Di queste opere nel Giardino Sonoro curato dalla Fondazione ce ne sono 820. Le Pietre Sonore sono state esposte in rassegne e collezioni di rilievo italiane e all’ estero. Una è nell’ Auditorium di Renzo Piano a Roma, una scultura dedicata a Gramsci è nella omonima piazza di Cagliari. Nel 1976 Sciola trascinò ottanta compaesani alla Biennale di Venezia e organizzò una incursione in piazza San Marco.

“Volevamo dimostrare che la Sardegna non era solo banditismo – racconta chi c’ era – e testimoniare che eravamo anche altro”. “Senza Pinuccio tutto questo non ci sarebbe stato” ripetono gli amici. Fu lui a volere che i bambini pitturassero anche le strade. La voglia di dare colore e bellezza continua in forme diverse. Dal 2007 i ragazzi di elementari e medie tinteggiano argini e letto in cemento del fiume Concias che attraversa il paese. La compagnia teatrale Antas promuove una cinquantina di spettacoli a stagione, anche in strada con mimi, trampolieri e artisti da cabaret, e da 16 anni a organizza il festival di cultura popolare “Cuncambias” (Scambi). Il sindaco Enrico Collu, che ha avuto con Sciola rapporti non sempre facili, spiega: “San Sperate è un laboratorio che coinvolge tutti, artisti e abitanti. Noi cerchiamo di dare ogni supporto perché l’ arte è anche un volano forte per l’ economia e crea posti di lavoro”.

“Pinuccio diceva che il murale è un pretesto per parlare con la gente”, spiega Angelo Pilloni, tra i muralisti sardi più apprezzati e vecchio compagno di battaglie dell’ artista. Ha disegnato nel 1978 una delle opere-simbolo, con la processione, il contadino che zappa, la pecora morta su un muro di pietre e la maschera punica dal sorriso misterioso trovata nel 1878 nelle campagne della zona e ora nel museo di Cagliari. Accanto a lui c’è Nino Landis, il “teorico” del gruppo, poeta e appassionato declamatore di versi in dialetto. E Mariano Corda, regista teatrale e scultore del ferro che ha riempito di animali fantastici il suo orto. Parlano oggi di “cambiare le cose” e di passare il testimone ai ragazzi con lo stesso entusiasmo di un tempo. “Rifaremmo gli stessi errori – dicono – l’ importante è lasciare un buon ricordo”.