Ricorre oggi il 41esimo anniversario della morte di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia a Cinisi (Palermo) il 9 maggio del 1978.

Peppino Impastato era un giornalista e militante di Democrazia Proletaria, nato in una di quelle famiglie importanti per l’organizzazione criminale siciliana. La sua era una famiglia mafiosa, di quelle che a Cinisi “contavano”.

Ma il giovane Peppino aveva deciso di ribellarsi e denunciare quella vita, di non far parte del clan. Abitava a cento passi dal boss Tano Badalamenti, non ebbe alcuna paura di alzare la voce contro la criminalità organizzata, di andare contro tutti alla ricerca della verità e dell’onestà. Fu la sua stessa famiglia quella con cui dovette scontrarsi per prima.

Nel 1978 decise di candidarsi nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Venne barbaramente ucciso, a 30 anni, nella notte tra l’8 e il 9 maggio dello stesso anno, proprio durante la campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia.

Gli elettori di Cinisi decisero di votare il suo nome e Peppino fu eletto al Consiglio comunale. Quella di Peppino è stata una vita breve trascorsa cercando di cambiare la mentalità del paese attraverso la cultura e la denuncia.

Ancora oggi continuiamo a ricordare Peppino Impastato con ammirazione verso quella forza e quel coraggio che hanno condotto quel giovane ragazzo con la barba incolta, dritto alla morte.

Non siamo stati capaci di ascoltarlo da vivo e la sua figura, diventata una leggenda, ha fatto sì che la sua voce venisse ascoltata da morto, grazie anche ai suoi amici, alla mamma e al fratello che con altrettanto coraggio ruppero la parentela mafiosa per cercare la verità sulla morte di quel ragazzo ucciso due volte.

Oggi abbiamo il dovere morale e sociale di ricordare, non tanto il nome di Peppino, ma le sue idee, la sua lotta, il suo coraggio e le sue conoscenze. Peppino Impastato sapeva cosa fosse la mafia, ma non quella delle coppole e delle lupare. La mafia come potere, come sistema, come connubio, come prevaricazione dei diritti dei lavoratori e dei diritti dei cittadini.

di Francesca Melis