Luce decorativa, di matrice sculturale e artistica e illuminazione architettonica che si occupa, quasi senza apparire, della qualità degli ambienti. Nel salone biennale Euroluce 2019 la prima linea di ricerca, destinata appunto alla luce decorativa, detta una tendenza forte. Influenzata dal grande designer anglo-cipriota Anastassiades, con i suoi equilibri di aste e sfere, di linee e forme geometriche pure, ecco le nuove lampade. Come quella di Andrea Anastasio “Madre” per Foscarini, forma cava e ospitante, a suggerire la metafora di una luce nel grembo. La giovane designer polacca Zsuzsanna Horvath, scolpisce perLuceplan un aereo oggetto intagliato a laser nel multistrati (“Illan”).

La riscoperta del passato Anche l’illuminazione conosce un momento di grande riscoperta del passato. Tornano i capolavori di un tempo, anche non lontanissimo, cui viene riconosciuto un vero valore germinativo: ad esempio, da Tato, riscopriamo oggetti di culto quali la lampada “Arenzano a tre fiamme”, disegnata da Ignazio Gardella nel 1963 per Azucena, mentre Santa&Coleripropone “Tatu”, lampada da tavolo a periscopio, progettata da André Ricard nel 1972. Allo stesso modo, la lezione del passato diviene base formale per nuove ricerche, come possiamo vedere confrontando l’iconica lampada da tavolo “Libra Lux” di Roberto Menghi (1948), oggi prodotta da Nemo con la “Bird” di Berhard Osann per la stessa azienda e con l’applicazione del medesimo principio di bilanciamento, grazie a un contrappeso. Non si tratta, però, soltanto di citazioni così dirette. Dalle atmosfere del passato viene recuperata anche una certa capacità decorativa: così, Marcel Wanders fa posare farfalle e sbocciare tulipani sulla classica struttura del lampadario muranese (“Adonis” per Barovier & Toso).

Intorno alla natura La citazione del mondo naturale è sicuramente il trend dominante di Euroluce 2019: il gruppo ceco Brokis, con “IVY” progettato da Lucie Koldova, cita direttamente il mondo vegetale, suggerendo la crescita, in orizzontale o in verticale, dei rami degli alberi. Al fondo marino, piante subacquee o pesci carichi di aculei (in legno), si rifà, invece, Arturo Álvarez con la sospensione “Aimei” per Calor Color. Un analogo meccanismo naturalistico conduce Arik Levy verso i cristalli grezzi e quel neo-primitivismo che, già verificato come tendenza nell’arredo, risulta ancor più incredibile quando declinato con il vetro e la luce (“Cristal Rock Raw” per Lasvit). Ai tuberi e alle gemme pronte a sbocciare si ispira Cristina Celestino nelle due nuove lampade che segnano l’inizio della sua collaborazione con Kundalini. Insomma, la natura viene raccontata a Euroluce in contemporanea con la XXII edizione della Triennale di Milano, ma con una visione assai più poetica e positiva. Catellani&Smith ne danno un’interpretazione macro, guardando addirittura al sistema solare e creando, con cerchi leggeri punteggiati da lenti in silicio a ricoprire 56 punti led, una sfera tanto enorme (120 cm) quanto leggera (“56 Petits Bijoux”).

Meno forma e più magia Non bisogna, tuttavia, pensare che si sia già esaurita l’onda provocata dalla ricerca sulle nuove applicazioni delle fonti LED. La miniaturizzazione delle sorgenti porta, infatti, a costruire oggetti formalmente minimali che, tuttavia, raggiungono una notevole suggestione (e resa) luminosa. Così è per la grande lampada da terra ad arco, con stelo in carbonio, “Mito largo” di Occhio o per l’apparecchio da tavolo con corpo in vetro soffiato, che pare misteriosamente “vuoto”, “Tia” di Lumina. Alla qualità della luce, “Hush” di Massimo Farinatti per Martinelli Luce, aggiunge un aumentato comfort per l’adozione di pannelli fonoassorbenti integrati (forniti da Caimi Brevetti). Ancora minimal, ma con l’importanza dimensionale di una vera e propria “scultura da camera” “XLight” di Michele Reginaldi per Firmamento Milano: una doppia X, alta ben 187 centimetri, con fonti luminose poeticamente integrate nella struttura. Rientrano indubbiamente in questa tendenza di riduzione formale, ma aumento dell’efficienza e della “sorpresa illuminotecnica”, le lampade portatili “Parrot” e “Salt&Pepper” di Tobias Grau: svincolate dai fili perché caricate da batterie che possono durare fino a 100 ore! Risolutivo (un vero e proprio “uovo di Colombo”) di antichi problemi di distribuzione della luce a soffitto infine il sistema “Tube”  pensato da Ichiro Iwasaki per Vibia: appunto una rete di tubi giuntabile che conduce ovunque la luce a partire da un unico punto di connessione elettrico.