“Il primo passo per la presa di coscienza di ciò che significa acquistare un capo d’abbigliamento, verso un futuro più etico e sostenibile per l’industria della moda, nel rispetto delle persone e dell’ambiente”: così la coordinatrice italiana Marina Spadafora racconta Fashion Revolution, l’iniziativa per una moda più giusta che si tiene in oltre 50 Paesi del mondo, nata per ricordare le 1133 persone morte il 24 aprile 2013 nel crollo del complesso produttivo di Rana Plaza, a Dhaka, in Bangladesh.
“Scegliere cosa acquistiamo può creare il mondo che vogliamo: ognuno di noi – ricorda Spadafora – ha il potere di cambiare le cose per il meglio e ogni momento è buono per iniziare a farlo”. Dice Carry Somers, fondatrice di Fashion Revolution insieme a Orsola De Castro: “Quando tutto nell’industria della moda è focalizzato sul profitto, i diritti umani, l’ambiente e i diritti dei lavoratori vengono persi. Questo deve finire, abbiamo deciso di mobilitare le persone in tutto il mondo per farsi delle domande. Scopri. Fai qualcosa. L’acquisto è l’ultimo click nel lungo viaggio che coinvolge migliaia di persone: la forza lavoro invisibile dietro ai vestiti che indossiamo. Non sappiamo più chi sono le persone che fanno i nostri vestiti, quindi è facile far finta di non vedere e come risultato milioni di persone stanno soffrendo, perfino morendo”.


Per far sentire con più forza la voce del mondo del Commercio Equo e Solidale, Altromercato, altraQualità ed Equo Garantito hanno deciso di costituire una partnership a sostegno dell’iniziativa, quest’anno in programma dal 22 al 28 aprile.
   

“Il 23 e 24 aprile – spiega Cristiano Calvi, Presidente di Altromercato – i nostri consumatori, i nostri soci, i nostri volontari saranno ambasciatori di Fashion Revolution nelle Botteghe Altromercato, luoghi nei quali la moda etica e i diritti sono da sempre protagonisti”. In programma in tutta Italia incontri e dibattiti, proiezioni di film come ‘Fashion victims’ di Alessandro Brasile sulla vita delle operaie del Tamil Nadu e ‘Machines’ di Rahul Jain, sui ritmi di vita e di lavoro in una gigantesca fabbrica tessile nella regione del Gujarat, in India. E poi corsi di cucito per bambini e uno ‘swap event’ dove scambiarsi i vestiti che non si mettono più.