“‘La memoria rende liberi’. Nel Corriere della Sera di oggi, in una vignetta, questa grande verità. Nel giorno della memoria, mentre ricordiamo l’ingresso dei primi soldati russi all’interno del campo di concentramento di Auschwitz e tutto l’orrore che ne emerse, è questo che dobbiamo tenere sempre in mente. Non dobbiamo mai dimenticare che gli esseri umani sono capaci di generare i mostri che portano al genocidio di interi popoli. Dobbiamo coltivare il ricordo di quanto è successo con tenacia, costanza, passione civile”.
Lo scrive su Fb il presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru nella Giornata della Memoria. Secondo il governatore, infatti, “l’Europa è ancora percorsa da fantasmi spaventosi che individuano in alcune persone il capro espiatorio dei problemi sociali del mondo contemporaneo. Le persone sono ancora capaci di questo: in mezzo alle oggettive difficoltà a trovare risposte a questioni complesse, sobillate da cattivi maestri, possono operare una radicale semplificazione. Individuando un nemico nel diverso, in chi arriva da lontano ed ha costumi diversi dai propri – aggiunge -Disumanizzando, levando persino il nome a chi viene individuato come la causa di tutti i mali. Considerandolo al pari di una cosa inanimata, che si può gettare via. Che si può vedere affogare nel gelido mare invernale. Che si può scacciare da luoghi di integrazione, all’addiaccio delle notti di gennaio”.
“L’Olocausto, ogni giorno della nostra vita, ci deve essere da monito nel costruire un mondo armonioso nel quale la convivenza è possibile grazie all’integrazione del diverso in un contesto di regole e di attenta organizzazione. ‘L’infezione latente’ che ci fa individuare in ogni straniero un nemico di cui parlava Primo Levi nella sua prefazione a ‘Se questo è un uomo’, opera ancora nel corpo sociale. Ma abbiamo anche tanti anticorpi per combatterla – conclude – La Sardegna, l’Italia, sono luoghi tradizionalmente ospitali per chi arriva da lontano. Ricordiamolo sempre, lavoriamo perché ciascuno e ciascuna di noi si ricordi chi è, nel profondo della propria coscienza”